Il fascismo è finito il 25 aprile 1945 di Mimmo Franzinelli


Il fascismo è finito il 25 aprile 1945 di Mimmo Franzinelli , Edizioni Laterza

recensione a cura di Carlo Baldassi , comitato direttivo Anpi “Città di Udine”

Dopo il voto ‘trumpiano’ del 25 settembre 2022 risulta tempestivo questo lavoro in cui Franzinelli offre una disamina dei rigurgiti neofascisti in Italia. Ovviamente il titolo del libro sottintende un punto di domanda poiché già il passaggio tra fascismo e democrazia dopo il 1945 fu ambiguo e influenzato dalla guerra fredda: ad es. il rapido reintegro di ex magistrati e funzionari fascisti di polizia mentre procedeva l’espulsione degli ex partigiani spesso perseguitati. Da lì via via per decenni sino alla strategia della tensione provocata da un sovversivismo neofascista latente ma coperto da varie istituzioni ‘deviate’. Di fatto tra pilotate minimizzazioni del ventennio e della RSI e presenza diffusa della ‘lobby nera’, il fascismo sotterraneo ‘non se ne è mai andato’ ( F.pag.100).

I fenomeni neo o similfascisti esistono peraltro in vari paesi europei (v. anche C.Vercelli (‘Neofascismi in grigio’) generando un pervicace sostrato antidemocratico anche violento: dai casseurs ai picchiatori naziskin e sino all’assalto fascista alla sede CGIL nel 2021. Il loro retroterra culturale’ è vario: pulsione ‘legge e ordine’, razzismo omofobo e sino ad un ‘nazionalismo identitario’ che intende confusamente contrastare la globalizzazione e l’immigrazione sgovernata (e qui le sinistre non sono prive di responsabilità). Una base comune delle destre (non solo europee) è rappresentata da una visione conservatrice della società alimentata dal mito di ‘Dio, Patria e Famiglia’: le tre parole prese separatamente hanno determinati significati, unite nella triade ne assumono un altro spesso usato contro i diritti civili e della donna.

Restando in Italia persiste un campionario di manifestazioni con l’uso di simboli fascisti: dai pellegrinaggi a Predappio al rifiuto di annullare vergognose cittadinanze onorarie del ventennio e sino a ‘premi’ annuali come la ‘Caravella tricolore’ assegnata nel 2021 a G. Meloni per il suo libro ‘Io sono Giorgia’ ove ella si dichiara uno degli ‘erede spirituali’ del caporione repubblichino G. Almirante (v. F. pag.106 e sgg). Tutto ciò non rappresenta solo un ‘recupero di memoria’ ma la dimostrazione di pretesa impunità di un ‘fascismo dissimulato’.

Poi in Italia osserviamo anche gruppi di ‘destra sociale’ che in questi anni di crisi economica presenziano demagogicamente nelle periferie povere (da Casapound a Forza Nuova) o recentemente hanno accompagnato anche ribellismi assurdi tipo No Euro o No Green Pass. E questi gruppi restano spesso limitrofi ad esponenti della Lega salviniana o di Fratelli d’Italia (v. ‘Cattive compagnie’ – edizioni Anpi 2022). Il tutto è accompagnato dal linguaggio abitualmente fazioso (e spesso becero) di alcuni media fiancheggiatori che fanno da cassa di risonanza contro le sinistre e i valori innovativi della Resistenza. Il motivo di fondo per cui questa galassia di destra- compresi certi esponenti del ‘revisionismo storico’- contrasta i valori più profondi dell’antifascismo è proprio perché essa intende minimizzare quel grande movimento in cui – per la prima volta dal 1943 al 1945 e poi con le lotte democratiche successive – una larga parte del popolo italiano aveva preso il futuro nelle sue mani contro l’ipocrisia e la violenza dei ‘sorestanz’ mallevadori del nazifascismo.