I carnefici del Duce di Eric Gobetti


I carnefici del Duce  di Eric Gobetti, Editori Laterza
recensione a cura di Carlo Baldassi , comitato direttivo Anpi “Città di Udine”

Altro che ‘italiani brava gente’! Fu enorme la serie ripetuta di crimini di guerra compiuta dalle truppe di Mussolini e ancora oggi poco conosciute o dissimulate. In  particolare dal 1929 al 1943 in Libia, Etiopia, Spagna, Slovenia, Montenegro, Grecia, Russia: a pag.94 Gobetti riassume le principali stragi e crimini compiuti da esercito e milizie, provocando decine di migliaia di vittime soprattutto civili semplicemente sospettate di appoggiare la locale resistenza all’aggressione colonialista e imperialista dell’Italia fascista.

Ma non si trattò di ‘eccessi’ bellici né solo di sadismi di singoli generali (Rodolfo Graziani, Alessandro Pirzio Biroli,  Mario Roatta, Mario Robotti ecc.) bensì esse furono il frutto di una mentalità – spesso razzista – alimentata dal mito di un’Italia ‘finalmente guerriera’. Massicce operazioni militari, rastrellamenti e fucilazioni furono regolarmente accompagnati da rapine, saccheggi e deportazioni coatte a danni di popolazioni misere. Basterebbe rileggere la crudele Circolare 3c di Roatta contro la guerriglia in Slovenia o – al contrario – le memorie di un cappellano militare e la stessa onesta relazione di Giardini, console fascista a Mostar (cit.a pag.104). Inevitabili le reazioni successive dei vari gruppi partigiani. Purtroppo dal 1945 invece che una ‘Norimberga italiana’ (si pensi ai crimini di Graziani in Africa e di Roatta e Pirzio Biroli in Jugoslavia) – per ragioni di politica interna e della guerra fredda – prevalse qui una mentalità ipocritamente autoassolutoria che giuridicamente produsse pochissime e insignificanti condanne ai responsabili, spesso coperti da una magistratura militare e da istituzioni ancora sature di una cultura reazionaria (che parallelamente condannavano invece migliaia di ex partigiani garibaldini).

Gobetti presenta il suo lavoro come un omaggio a quegli studiosi che con coraggio sono via via riusciti a evitare l’oblio su fatti drammatici, ma ancora in parte sconosciuti. Non solo scuola e media quasi non ne parlano, ma le varie cerimonie istituzionali (Giorno della Memoria, del Ricordo e la stessa recente Giornata degli Alpini) tendono a sottovalutare le responsabilità del fascismo italiano e i silenzi successivi. Ad es. (dico io) perché durante le celebrazioni a Basovizza non si visita anche il vicino campo fascista di Gonars dove sino al 1943 morirono centinaia di civili sloveni?  Eppure sul ‘confine orientale’ dagli anni ’90 c’è anche il lavoro delle Commissioni degli storici italiani, sloveni e croati. (Vedi pubblicazione ANPI FVG: https://www.anpiudine.org/books/i-rapporti-italo-sloveni-1880-1956/)

Certo la 2a Guerra Mondiale rappresentò un salto drammatico di crudeltà bellica (lo vediamo anche oggi in Ucraina)  superando ogni distinzione tra militari e  civili e anzi considerando questi ultimi i veri obiettivi per fiaccare l’avversario. In quel contesto tragico gli obiettivi originari dei militari fascisti non erano l’annientamento di intere popolazioni e a volte alcuni reparti italiani riuscirono a limitare faide interetniche locali o retate antisemite (come in Jugoslavia), tuttavia molte pratiche criminali adottate dagli italiani spesso non si distinsero da quelle dei nazisti. Così contro il mito falso degli ‘italiani brava gente’ che ancora alligna, la questione più importante – conclude Gobetti – è ‘Interrogarsi sulle ragioni, sulle mentalità, sui condizionamenti sociali che hanno spinto tanti (troppi) italiani a prendere parte a quei crimini. Militari, dirigenti politici, generali e soldati, funzionari, poliziotti, intellettuali hanno condiviso il modello politico fascista..’ Il motivo è purtroppo semplice:  la violenza era un elemento strutturale del fascismo storico non solo italiano, ma una parte del suo sistema di riferimento (militarismo, nazionalismo, maschilismo, razzismo, culto del capo, qualunquismo politico ecc) esisteva già nell’Italia prefascista  e purtroppo cascami ne permangono tuttora (U.Eco lo chiamava ‘fascismo eterno’) insinuandosi nelle nostre istituzioni repubblicane (Larussa & co) in contrasto coi valori della Resistenza da cui nacque la nostra Costituzione antifascista.