Processo alla Resistenza di Michela Ponzani


Processo alla Resistenza,  L’eredità della guerra partigiana nella Repubblica 1945-2022 di Michela Ponzani, Einaudi
recensione a cura di Carlo Baldassi , comitato direttivo Anpi “Città di Udine”

Questo bel libro di Michela Ponzani giunge opportuno nella fase politico-culturale attuale iniziata trent’anni fa con i governi Berlusconi. Da allora si ripropongono contronarrazioni storiche faziose e mediocri (‘defascistizzazione retroattiva’ secondo A.Gentile), ipocriti vittimismi (‘ragazzi di Salò’) e manifestazioni pubbliche nostalgiche con l’obiettivo di obliare il significato più profondo del nostro 25 aprile 1945, che resta inteso (giustamente lo ricorda anche Mattarella) come data di rottura e ‘divisiva’ da cui nacque la Costituzione antifascista. Purtroppo mentre la Resistenza – armata e non – aveva significato l’ansia di rinnovamento politico e morale della parte più democratica e coraggiosa dell’Italia, fascisti e fiancheggiatori trovarono subito sostegno dalla vasta zona grigia dei poteri dell’ex Stato monarchico che – causa anche la guerra fredda – in molti casi tentarono di ribaltare le ragioni e i torti.

Così molti repubblichini autori di delitti venivano graziati per ‘aver obbedito a ordini superiori’ e contro ex gerarchi pochissime e deboli furono le condanne per collaborazionismo. Nel contempo a molti partigiani non venivano riconosciuti tempestivamente i benefici degli ex combattenti, ma soprattutto decine di migliaia tra loro venivano inquisiti, in particolare garibaldini comunisti definiti ‘criminali’. ‘L’offensiva giudiziaria antipartigiana che si apre nel 1946…ha come tratto essenziale la messa in discussione della legittimità degli atti di resistenza armata ..essenzialmente per il mancato riconoscimento dello status di legittimi belligeranti’ (pag.61). Considerate dai tribunali ‘inutili o dannose’ molte azioni militari partigiane che comportarono rappresaglie, ancora oggi circolano assurde accuse (sino a La Russa)  ad es. contro i GAP che organizzarono a Roma l’attentato di via Rasella. Particolare clamore ebbero anche episodi tragici come Porzus sul confine orientale o alcune uccisioni in Emilia, a volte purtroppo coperte da silenzi imbarazzanti.

La gran parte dei processi ai partigiani si risolse nel nulla ma solo dopo anni di traversie e ingiuste carcerazioni, dimostrando che si trattava di atti legittimi di guerra. In effetti era stato sempre obiettivo noto e prioritario del CVL quello di evitare ogni forma di vendetta personale e sommaria dopo la Liberazione perché ‘un partigiano non è un brigante nero o un Muti’. Ancora nell’estate 1945 il CLNAI ribadiva che verso i fascisti occorreva distinguere: ‘colpire in alto ma imparare a indulgere e a recuperare in basso’. Certo vi furono errori tragici  (come a Schio e a Gaggio Montano) e numerosi episodi di ‘resa dei conti’ o di ‘anarchia partigiana’ da parte di elementi incontrollati e – soprattutto in zone rurali – anche di ‘ambigui’ opportunisti. Ma occorre ricordare il clima di una guerra crudele ove il nazifascismo (in particolare le squadracce di Salò) aveva creato assuefazione alle violenze quotidiane e rancori profondi. E parallelamente sottolineare le delusioni partigiane nei confronti della politica centrista (la zona grigia) che dominava, complice anche un’interpretazione assai ‘benevola’ della pur necessaria amnistia Togliatti da parte di tribunali italiani composti quasi sempre da magistrati con una cultura giuridica ottocentesca e incapace di comprendere le ragioni di un popolo diventato protagonista.

Va sottolineato infine l’atteggiamento di certi vertici militari italiani (a lungo collusi con il fascismo guerrafondaio) che cercavano di minimizzare i riconoscimenti delle attività del CLN dimostrando anche una certa ‘indifferenza’ verso i 600mila ex IMI (Internati Militari) deportati in Germania che rifiutarono di aderire alla RSI. In sostanza anni con un clima diffuso di ‘restaurazione’ (Calamandrei) per sminuire il fatto che solo grazie al valore politico e morale della Resistenza l’Italia aveva potuto sedersi alle trattative di pace del 1947 come paese cobelligerante (ancorchè sconfitto per i suoi trascorsi) e affacciarsi alla democrazia. Occorre vigilare anche oggi.