IL FRONTE SEGRETO Gli alleati, la resistenza europea e le origini della guerra fredda 1939/1945 di Tommaso Piffer


IL FRONTE SEGRETO Gli alleati, la resistenza europea e le origini della guerra fredda 1939/1945 di Tommaso Piffer, ediz. Mondadori

recensione a cura di Carlo Baldassi , comitato direttivo Anpi “Città di Udine”

Frutto di una corposa documentazione, questo lavoro di Piffer si incentra sull’attività e sulle relazioni tra i servizi segreti degli Alleati e il complesso rapporto degli stessi con i singoli movimenti di resistenza europea. Emerge l’importanza dell’intelligence e delle sue agenzie che svilupparono un mix variabile tra propaganda, sabotaggi, sostegno militare e finanziario ai vari movimenti antifascisti e rapporti con i governi democratici in esilio dal 1939. Accanto a questi interventi, le attività nei vari paesi europei via via delinearono anche alcuni fattori della successiva Guerra Fredda. L’alleanza antinazista tra paesi ideologicamente diversi  era oggettivamente precaria e SOE britannico, OSS statunitense e NKVD sovietico dal 1941 cooperavano e – parallelamente – competevano. In particolare tra gli obiettivi dei britannici  (storicamente interessati al Mediterraneo) e quelli sovietici (una cintura difensiva e la futura diffusione del comunismo nelle forme possibili) si sviluppò un rapporto opportunistico che via via delineava il percorso verso una futura divisione dell’Europa (Piffer pag.217). Di fatto –  come rilevava anche N.Salamone (L’Unione Sovietica nella guerra fredda -2021) – la ’cortina di ferro’ che l’anticomunista Churchill denunciò a Fulton (1946) era già quasi stata ‘preparata’ tra lui e  Stalin a Teheran (dic. 1943) e poi nel novembre 1944, mentre l’URSS da parte sua – con la scaltra soppressione del Comintern – stava elaborando la strategia delle ‘democrazie popolari’ nei paesi liberati dall’Armata Rossa. Logicamente le attività dei servizi nei vari paesi mutavano in base alle vicende belliche, così nei primi due anni l’occupazione tedesca venne considerata purtroppo stabile con poche eccezioni e solo dopo Stalingrado si aprirono nuovi scenari grazie anche all’arrivo degli USA. Non mancarono peraltro errori di valutazione e confusione: ad es. il SOE si trovò non di rado in contrasto con la linea politica del Foreign Office a Londra, e giustamente Piffer ridimensiona l’aurea mitizzata dei servizi britannici.

Particolarmente delicata – sia militarmente che politicamente – fu l’area dei Balcani (Jugoslavia, Grecia ecc) che stava al centro delle attenzioni britanniche e dove si trattava di coordinare posizioni assai differenti – ad es. tra resistenti filomonarchici e comunisti – considerando nel contempo la complessità etnico-culturale dei vari popoli, fattore allora lontano dall’esperienza anglosassone.

Un altro paese cruciale fu naturalmente la Polonia dove due erano i contrapposti movimenti di resistenza antinazista e si confermavano le antiche reciproche rivalità russo/polacche (ad es. pesavano le perdite territoriali sovietiche del 1918 e l’aggressione polacca nel 1921) poi aggravate dopo la scoperta del massacro di Katyn compiuto dai sovietici nel 1940. La stessa tormentata vicenda dell’Armata Krajova indicò la profondità del contrasto tra i due paesi, che il dopoguerra confermò (pag. 265).

In Europa Occidentale le cose furono relativamente più semplici e i movimenti di resistenza in Francia ed Italia videro una crescente influenza anche delle formazioni socialiste e comuniste (che Piffer chiama costantemente e poco elegantemente partizani) accanto ad alcune componenti militari (De Gaulle in Francia e il CVL in Italia). A tale proposito, se giustamente l’A. sottolinea l’importanza decisiva delle forze alleate e dei loro servizi nel sostegno ai resistenti dell’Europa occidentale, spiace che non emerga adeguatamente il valore ideale delle varie guerre di liberazione antinazista ‘dal basso’. In particolare le resistenze nell’Europa meridionale comprendevano una lotta di liberazione (noi qui in Friuli avevamo anche i nazisti dell’OZAK) e spesso di drammatica lotta civile (i fucilatori dei nostri partigiani erano spesso fascisti della RSI) ma anche aspetti di lotta di classe e di emancipazione da passati regimi monarchici e reazionari (che al vecchio colonialista Churchill invece non dispiacevano..). Così (v.pag.302) va rimarcato il sostegno attivo di molta parte delle popolazioni alle stesse formazioni partigiane nonostante i rischi di rappresaglie. Al proposito va ribadito anche il ruolo decisivo di Togliatti – dal 1944 non solo ‘uomo di Mosca’ – e il suo progetto di democrazia progressiva che aveva anche le riflessioni di Gramsci e Curiel alle spalle e che in parte ritroviamo nella nostra Costituzione (v.art.3). In una situazione di guerra e con l’Italia divisa, gli alleati (qui soprattutto i comandi americani  e l’OSS) dovettero considerare anche le problematiche del rapporto tra instaurandi governi militari ed il CLN. Ma – sia pure in un clima spesso drammatico e ormai da guerra fredda – gli Alleati compresero presto il valore delle forze politiche antifasciste alla guida della nuova Italia.