Una vita partigiana , Perché la battaglia per i nostri diritti continua ancora oggi di Teresa Vergalli , Mondadori
recensione a cura di Carlo Baldassi , comitato direttivo Anpi “Città di Udine”
Molti giovani dovrebbero oggi leggere questo racconto autobiografico di Teresa Vergalli scritto poco prima di morire a 95 anni. Nata in Emilia da povera famiglia contadina antifascista, fu staffetta partigiana e dal 1945 si impegnò come attivista comunista a fianco delle donne, infine fu maestra elementare innovativa e appassionata del proprio lavoro. Oggi molti giovani dovrebbero leggere le semplici pagine sulle condizioni nelle campagne dove il padrone decideva la sorte di centinaia di salariati o mezzadri. Era una società che mostrava netti i contrasti di classe, rigidamente patriarcale anche alla base e spesso misogina (nonostante l’eccezione delle rezdore nelle grandi cascine emiliane). Molti giovani di oggi dovrebbero capire le difficoltà per una ragazzina di campagna di studiare lavorando per non pesare troppo sulla famiglia. E quei giovani di oggi che sono poco attivi nel sociale, dovrebbero apprezzare anche le sensibilità già ‘politiche’ che portarono Teresa a diventare staffetta partigiana a 16 anni in una guerra crudele che colpiva anche i civili. Mentre le donne dei Gruppi di Difesa organizzavano la raccolta di cibo e vestiti (le settimane dei partigiani) le staffette femminili avevano il compito di consegnarli correndo molti rischi. Rischi nel portare messaggi importanti o condurre in salvo sbandati, ma anche racconti di solidarietà di paese come la messa in salvo delle forme di parmigiano per evitarne la requisizione dei nazisti. Poi le difficili condizioni dei partigiani in montagna e la constatazione che spesso neppure là le donne avevano pari ruolo: occorreva cambiare le cose a fondo anzitutto dal punto di vista culturale. E’ quello che molte ragazze comuniste e socialiste fecero nei rispettivi partiti e nell’UDI (Unione Donne Italiane) ottenendo intanto il diritto di voto nel 1946 alla Costituente e alla scelta della Repubblica. Poi la svolta con il matrimonio e l’impegno organizzativo nazionale: cominciò una lunga esperienza politica e culturale di Teresa che le permise la conoscenza di vari dirigenti e intellettuali di sinistra. Tuttavia al fondo Teresa desiderava non solo la sua autonomia personale (non sono ‘la moglie di..’) ma anche il lavoro di maestra. A cui finalmente approdò non più giovanissima e nel quale portò la pedagogia innovativa italiana ed europea (intense le pagine finali su quell’esperienza a Roma).
Purtroppo alla fine e per vari motivi in Teresa c’era la consapevolezza che molti sacrifici non hanno avuto il giusto approdo. ‘E’ un po’ triste per me dover accettare che nessuna delle conquiste della mia generazione sia stata interiorizzata al punto da poter essere data per scontata.. A quanto pare, non esistono acquisizioni perenni a tutto ciò che conta – la libertà, la democrazia, l’uguaglianza – deve sempre essere protetto, difeso, ampliato, migliorato’.
P.S. al commentatore che scrive piace considerare che staffette e partigiane come Teresa (e le molte torturate e uccise dai nazifascisti) hanno dato alla democrazia e alla nostra Repubblica assai di più di certe altre figure che – poche nella lotta di allora e lontane dalle parti più avanzate della Costituzione antifascista – vengono presentate opportunisticamente nel mediocre pantheon delle destre patriottarde oggi al governo.