Anche i partigiani però… di Chiara Colombini


Anche i partigiani però … di Chiara Colombini edizioni Laterza

recensione a cura di Carlo Baldassi , comitato direttivo Anpi “Città di Udine”

Con un approccio rigoroso questa brava storica piemontese intende fare giustizia di tante interpretazioni ‘moderate’ e revisioniste – quando non smaccatamente neofasciste e insultanti- della nostra Resistenza, interpretazioni che circolano dal 1945 con toni e modalità mutevoli.

In particolare alcuni filoni revisionisti si ripetono e Colombini li esamina criticamente e in modo spassionato, cercando di ricordare sempre il contesto storico e umano delle vicende. Così le motivazioni molteplici e complesse che portarono decine di migliaia di donne e uomini di tutti i ceti a impegnarsi e a combattere, l’orientamento delle formazioni (non erano certo tutti ‘comunisti’ anche se metà dei combattenti apparteneva alle brigate Garibaldi) e le loro differenze tattiche e strategiche, la presunta irrilevanza militare o anche perniciosità di molte azioni che scatenarono rappresaglie nazifasciste contro la popolazione o le accuse ai partigiani di essere spesso stati ladri e anche criminali, soprattutto dal 25 aprile. Una tra le accuse più vergognose e frequenti resta quella – di matrice neofascista e qualunquista – secondo cui in fondo sono stati i partigiani a scatenare la guerra civile ‘fratricida’, quando invece – in un quadro di guerra crudele – molto spesso le loro azioni rispondevano a violenze, torture, deportazioni e rappresaglie di nazisti e repubblichini. Si veda ad es. anche la più recente pubblicazione sulla RSI di M.Franzinelli che ricorda non solo la ferocia antipartigiana ma anche le ‘retate’ della Xa Mas o della Muti per consegnare innocenti civili italiani ai nazisti.

Certo fu una lotta in un paese che usciva da vent’anni di dittatura, diviso e attraversato da vari eserciti e teatro di mille episodi tragici A parte qualche versione comprensibilmente ‘agiografica’ della prima memorialistica, la storiografia resistenziale ha saputo via via utilizzare fonti documentarie che ne hanno fissato i contorni. In particolare l’indispensabile studio di C. Pavone (ex partigiano) che indicava come nella Resistenza italiana ci furono tre guerre diverse: una guerra di liberazione patriottica, una guerra civile e una guerra di classe.

Tre guerre che – come e più che in altre Resistenze europee – si intrecciarono all’interno di ‘un’esperienza collettiva in cui una minoranza coinvolse, con consapevolezze diverse, strati sempre più ampi della popolazione’. Certo il livello di coinvolgimento fu vario e anche condizionato dallo sviluppo degli eventi bellici, ma resta un fatto che senza il sostegno popolare – diretto e indiretto – le formazioni partigiane non avrebbero potuto svilupparsi e vincere. Allora in termini politici cosa fu la nostra Resistenza e quale il suo lascito oggi? E’ stata ‘una rivoluzione vittoriosa ma non trionfale, una sconfitta politica ma non definitiva e per questo ha condensato attorno a se memorie diverse e conflittuali’. Ma per noi antifascisti del 2021 è una memoria sempre viva e operante anche in questi tempi di rigurgiti neofascisti e di difficoltà sociali.

Perché – in fondo – quello che brucia a ‘moderati’ e reazionari di tutte le risme – resta il fatto che con la Resistenza una larga parte del popolo italiano si era ribellata prendendo per la prima volta e orgogliosamente il futuro nelle proprie mani.