Storia della Repubblica Sociale Italiana 1943-1945 di Mimmo Franzinelli – edizioni Laterza cultura storica 2020
recensione a cura di Carlo Baldassi , comitato direttivo Anpi “Città di Udine”
I tragici e complessi venti mesi della RSI 1943/45 sono stati letti nei decenni in modi anche opposti a seconda delle fonti. Così sulla figura del Mussolini di Salò, sulla Guerra Civile, sulla ‘legittimità’ interna e internazionale della neonata RSI e sul suo impotente progetto politico-economico – i 18 punti della Carta di Verona e la ‘socializzazione’ praticamente mai iniziata-che la stragrande maggioranza del popolo italiano associava da subito al disastro del regime caduto (la stessa denominazione di RSI evitava il titolo ‘fascista’). Questo nuovo ottimo lavoro di Franzinelli – grazie alle documentazioni storiche più recenti – mette un punto fermo definitivo sull’esperienza della RSI: ad onta di interessate e postume edulcorazioni, il fallimentare e crudele fascismo repubblichino fu davvero una tragedia per il popolo italiano.
Utilizzando l’analisi accurata dei personaggi, la rievocazione del clima confuso e conflittuale nella RSI ed il suo ruolo di alleato-servo dei tedeschi a cui forniva risorse e uomini, l’autore rievoca le tragedie nell’Italia occupata del Centro Nord. Interessante la suddivisione per tematiche: dal crollo del regime nel luglio 1943 con la tardiva regia del re alle le motivazioni plurime della ‘rinascita’ dopo l’8 settembre, dalla propaganda forsennata al razzismo ‘autoctono’, dalla incapacità militare al clima tragico dell’epilogo finale. Dal punto di vista ‘ideologico’ leggiamo il tentativo di costruzione – attorno ad un Mussolini già decadente e pessimista – di un nuovo stato ‘sociale e popolare’ animato da un ‘fascismo originario’ dannunziano, antiborghese e violento, oltre il fascismo del ventennio considerato ‘legalitario’.
Nella babele di posizioni, organismi, gerarchi e caporioni, troviamo i duri e puri della ‘vecchia guardia’ alla Farinacci, i cosiddetti ‘ moderati’ e i molti opportunisti che – in un contesto cupo e spesso abbietto -proclamano obiettivi della RSI in parte diversi. Ma comuni sono in tutto il PFR l’idea delle punizione dei ‘traditori’ (come si vedrà a Verona) e dei ‘profittatori di regime’ (spesso erano i gerarchi stessi), la fedeltà alla Germania nazista e la repressione del ‘ribellismo’ che invece divenne via via crescente. Né manca il costante richiamo alla lotta contro le potenze ‘giudaico-bolsceviche e massoniche’.
L’impotenza della RSI emerge comunque costantemente: ad es.il noto articolo di C. Pettinato su La Stampa del 21 giugno 1944 rivolto a Mussolini (‘Se ci sei batti un colpo’): ‘Le diserzioni aumentano, le 4 divisioni dalla Germania ancora non ci sono, la situazione alimentare disastrosa, la legge sulle socializzazioni scomparsa, i ‘ribelli’ aumentano ogni giorno e i tedeschi requisiscono beni essenziali e uomini per il lavoro in Germania’. Pettinato (uno dei pochi intellettuali fascisti ‘onesti’) fu rapidamente licenziato.
Tra le frastagliate anime della RSI rarissimi furono i ‘pensatori’(Gentile l’unico prestigioso) e pressoché inesistente la produzione culturale, molte le figure ambigue (giornalisti-pennivendoli, spie) ed anche alcuni ex socialisti e comunisti (Bombacci, Scucchia ecc) che Mussolini cercò di utilizzare come testimonial del carattere ‘proletario’ del fascismo repubblicano e alla fine anche per inutili tentativi di ‘conciliazione’ nazionale, respinti al mittente da tutta la Resistenza.