La strage di Torlano


Venerdì 25 agosto giunse da Nimis, invano contrastato dai partigiani, un contingente tedesco su autoblinde, che circondò alcune case situate sotto l’abitato di Torlano, che ospitavano poche famiglie, ma numerose: i Comelli, i Dri, i De Bortoli, mezzadri originari di Portogruaro, i pochi altri.

Erano Waffen SS della divisione "Cacciatori del Carso", di stanza a Gradisca d'lsonzo dove da poco s'era trasferito da Trieste un comando speciale per la lotta contro i partigiani. Li comandava un tenente SS, alto di statura, già tristemente conosciuto come il ''boia di Colonia". Il suo nome era Fritz Joachim.

Facevano da guida alcuni fascisti della Milizia per la difesa territoriale, con occhiali neri e la visiera abbassata per non farsi riconoscere.

Le autoblinde bloccarono tutte le vie d'accesso: non c'era più tempo per fuggire.

I De Bortoli e la famiglia di Giovanni Comelli si rifugiarono nella stalla di Ruggero Dri.

Elisabetta De Bortoli rimase in cucina a far da mangiare.

Tedeschi e fascisti rastrellarono il paese e le persone trovate furono rinchiuse nell'osteria allora gestita da Giobatta Comelli.

Furono poi fatti uscire uno alla volta e uccisi con un colpo di pistola.

Erano Alfredo Bazzaro, Francesco Blasutto, la figlia Romilda, il genero Giovanni Pellegrini, Giuseppe Cussigh, Valentino Petrossi, Gelindo Sommaro.

Luigi Seracco tentò la fuga, ma fu colpito a morte.

Il Boia rientrò poi nell'osteria e uccise l'oste, Giobatta Comelli, la figlia Rosa e la moglie Lucia Vizzutti. L'altro figlio Albino, di diciannove anni, nascosto nella cappa del camino, assistette impotente alla strage. Nell’ottobre ’46 si suiciderà con un colpo di pistola sotto il mento, com’erano stati uccisi i suoi genitori e la sorella.

Poi fu la volta delle persone rifugiate nella stalla.

Gli uomini furono fatti uscire uno alla volta e uccisi con un colpo di pistola sotto il mento.

Il tenente Wunderle e alcune SS poi entrarono nella stalla: le donne pregavano, supplicavano, stringevano al petto i bambini.

I mitra spararono nel mucchio, finché nella stalla tutto fu silenzio.

I corpi quindi vennero cosparsi di strame e di benzina e bruciati.

Morirono, della famiglia Comelli,: Bruno (di 12 anni); Giannina (di 3 anni); Giovanni; Idelma; Luciano (di 15 anni); Rita; Stefano, Vittorio (di 17 anni) e Antonia Anna Vizzutti, moglie di Giovanni.

Della famiglia De Bortoli, morirono: Antonio; Bruna (di 6 anni); Luciano ( di 2 anni); Maria

(di 4 anni); Oneglio ( di 8 anni); Silvano, Vilma (di 11 anni); Virginio e Santa Perlin, moglie di Pasquale De Bortoli.

Della famiglia Dri, furono uccisi: Ruggero, la moglie Lucia Vizzutti, Ferruccio e Teresina.

Si salvarono: Giovanni Dri, Paolo De Bortoli, di 6 anni; Pasquale De Bortoli, con in braccio Serena Dri; Gina De Bortoli, di 13 anni, che fu riparata dal corpo della madre. Gravemente ustionata dall'incendio, fuggi nuda tra il mais. Sopravvisse, dopo dieci mesi di ospedale a Gemona. Quindi il giovane Albino Comelli e poi Elisabetta De Bortoli, che era rimasta a cucinare in casa. Mentre si apprestava ad avviarsi verso la stalla, fu salvata da un tedesco che le fece capire di nascondersi.

Il giorno dopo la gente delle frazioni vicine accorse, ma tedeschi e cosacchi impedirono che i corpi fossero sepolti.

Solo quando se ne furono andati, fu possibile la sepoltura, in una fossa comune tra le case.

Solo nel '47, i resti, chiusi in 5 bare, furono accolti nel cimitero di Torlano.