Se ne è andato Norberto Sguazzin “Argante”.
Probabilmente era l’ultimo testimone rimasto delle azioni dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica) nella Bassa friulana, e in particolare del mitico assalto alle carceri di Udine del 7 febbraio 1945, che portò alla liberazione di decine di partigiani, tra i quali molti condannati a morte.
“Argante” era il suo nome di copertura, chissà come mai! Argante è il guerriero saraceno citato nella Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, che venne ucciso dal cristiano Tancredi in duello. Forse la scelta contiene un messaggio: era il nome di un “cattivo” che viene ucciso da chi rappresentava l’ordine costituito: e così erano considerati dai nazi-fascisti i “banditi” gappisti.
Ma cosa ci facevano i gappisti nella Bassa friulana?
Siamo abituati a collegare i partigiani con la montagna, e questo è parzialmente vero. Però la montagna friulana non è mai stata in grado di nutrire i suoi abitanti, tant’è vero che in tempo di pace la principale fonte di sostentamento era l’emigrazione stagionale. Quindi, per garantire non solo la sopravvivenza dei partigiani in montagna, ma delle stesse popolazioni, era necessario cercare alimenti, materiale, anche le armi, dove c’erano, e la Bassa friulana, con la sua agricoltura, era in grado di farlo. Così nacque nel Monfalconese, estendendo il raggio d’azione poi in tutta la pianura friulana, l’Intendenza “Montes”, dal nome di battaglia del suo fondatore, Silvio Marcuzzi, che morirà sotto tortura il 5 novembre 1944 nel Centro di repressione antipartigiano della Caserma Piave di Palmanova.
Fu lo stesso “Montes” a organizzare, per proteggere i trasporti ed eliminare il rischio rappresentato da spie e delatori, squadre di gappisti, delle quali fu affidata l’organizzazione al comandante Ilario Tonelli “Martello”. Tra le squadre gappiste, si fece subito notare, per il coraggio quasi temerario, il reparto chiamato “Diavoli rossi” comandato da Gelindo Citossi “Il mancino”, che mancino era davvero perché aveva un braccio inutilizzabile, ma l’altro gli bastava per abbattere chiunque.
Faceva parte di quel reparto anche “Argante”, l’amico che ci ha lasciato. Classe 1927, Norberto Sguazzin aveva 18 anni, o forse non li aveva ancora compiuti, quando partecipò a quell’impresa “impossibile”, che aveva come obiettivo liberare più prigionieri possibile e, in particolare alcuni gappisti imprigionati, e particolarmente il loro comandante, Ilario Tonelli “Martello”.
Il dopoguerra di quegli straordinari “capitani coraggiosi” non fu clemente: alcuni conobbero il carcere o l’esilio, specialmente in base a un assioma costruito attorno all’eccidio di Porzǔs negli anni della guerra fredda, per cui fu costruita una accusa di “alto tradimento” contro la Patria, che si basava su tre avvenimenti: l’eccidio, considerato come l’eliminazione di un ostacolo all’invasione titina del Friuli; il passaggio della “Garibaldi Natisone” al comando operativo del IX Korpus sloveno, e infine l’attacco alle carceri di Udine del 7 febbraio 1945, la stessa data dell’eccidio, considerato un astuto “diversivo” per confondere le carte.
Norberto Sguazzin “Argante” negli anni cinquanta emigrerà nella Terra del Fuoco e quindi in Venezuela dove gestirà un’impresa edile.