In questi giorni è stata imbrattata, con scritte inneggianti al duce ed al nazismo, l’epigrafe di un cittadino codroipese che portava il simbolo della falce e martello, ad indicare l’ideale a cui si era ispirato per il suo percorso di vita sociale e personale.
E’ stato un gesto gratuitamente offensivo sul piano umano per la memoria di una persona defunta che nelle sue relazioni si era sempre dimostrata coerente e corretta, oltre che disponibile al confronto. E’ stato un gesto che, al di là di ogni improvvisazione e superficialità che forse lo hanno fatto compiere ad uno sprovveduto, merita una riflessione che riguarda non solo il valore politico in sé, ma anche le reazioni che si sono avute.
Anche il mondo politico di destra generalmente ha reagito sobriamente, o meglio in sordina, un po’ perché l’offesa ad un defunto per le comunità resta pur sempre una grave violazione di codici sociali, se non di un tabù; un po’ perché la persona era inattaccabile sul piano umano e personale. Ma quando si esce dal personale e si entra nel politico, compaiono alcune crepe inquietanti che attraversano la cultura politica e civica di questo Paese, anche tra i “benpensanti moderati”. Qualcuno ha commentato infatti dicendo che “l’esposizione del simbolo della falce e martello sull’epigrafe è stato provocatorio”. Questa è la vera misura del clima, della mentalità che si va facendo silenziosamente strada: le proprie idee vanno tenute per sé se non collimano con quelle in voga, altrimenti è logica una reazione: “te la sei cercata!” alla fine.
Nelle vecchie barberie ed in qualche negozio, ancora negli anni sessanta, compariva la scritta “in questo locale non si parla di politica”. Era il retaggio del fascismo, di quando non si poteva dire quello che si pensava ed alla fine molta gente ci si era abituata, un poco per cultura sottana, un poco per paura, un poco per mancanza di coscienza civile. Sono passati tanti anni dal fascismo e dalle occhiute confraternite che controllavano la vita sociale di un tempo, ma è evidente che il retaggio riaffiora: qualche tempo fa alla tv nazionale si sono viste interviste a sanitari travisati nell’immagine e nella voce, maestranze che avevano paura di mostrare il volto alle manifestazioni per i propri diritti vitali e costituzionali, per non subire ritorsioni. Tutte cose mai viste da quando c’è la Repubblica.
Ci scandalizziamo guardando al TG le notizie dalla Russia, dall’Ungheria e dalla Turchia (ma l’elenco è sempre più lungo) e ci meravigliamo di come le persone possano accettare le limitazioni ai propri diritti di opinione, di parola, eccetera; ma se guardiamo vicino, vediamo anche da noi una diffusa reticenza e faziosità nella comunicazione (anche nei giornali di “opinione”), una certa attenzione all’aria che tira, censure ed autocensure che pian piano costruiscono una graduale chiusura degli spazi di democrazia partecipativa, rendendo difficile ristabilire un rapporto corretto tra politica e cittadini.
E mi viene in mente una certa rana nella pentola. Che sia già acceso il fuoco anche qui da noi?
Adriano Bertolini
Vice- Presidente ANPI provinciale di Udine