Discorso di Antonella Lestani alla cerimonia presso il cimitero di Udine del 9 febbraio 2019


Autorità civili e militari, rappresentanti delle Pubbliche Amministrazioni, rappresentanti delle Associazioni partigiane, combattentistiche e d’arma, parenti delle vittime che oggi andiamo a ricordare, antifasciste e antifascisti, cittadine e cittadini di Udine, buongiorno! Saluti ai Gonfaloni dei Comuni presenti. Saluto la Medaglia D’Oro, Paola Del Din. Un saluto particolare al Sindaco di Cavasso Nuovo, sempre presente a questa commemorazione per ricordare i loro caduti. Vi porto i saluti del consigliere regionale Furio Honsell, che non può essere presente in quanto fino a ieri sera tardi, impegnato in un convegno all’Università Statale di Milano, che affrontando i temi della bioetica, ricordava i 10 della scomparsa di Eluana Englaro che proprio qui a Udine trovò accoglienza e potè morire degnamente.

Ci troviamo qui oggi a celebrare, con un leggero anticipo, perché i fatti accaddero l’11 febbraio del 1945, il 74^ anniversario di uno degli eventi più sanguinosi e drammatici della resistenza friulana. E’ un dovere morale quello che ci conduce qui ad onorare la memoria di questi 23 partigiani, garibaldini e osovani, condannati dal Tribunale Speciale per la Sicurezza pubblica, fucilati come rappresaglia per l’assalto alle carceri del 7 febbraio, dalla Milizia di Difesa Territoriale o meglio dalla Landschutz Miliz. Fascisti agli ordini di nazisti, in un territorio, quello della nostra regione, sottratto perfino al regime fantoccio di Salò, ed una parte del quale era stato promesso alle popolazioni caucasiche e cosacche collaborazioniste. Altri ricorderanno, dopo di me, la loro storia. 23 partigiani fucilati: osovani e garibaldini assieme, come in tanti luoghi di martirio nel nostro Friuli. Garibaldini e osovani combatterono, vinsero e in tanti morirono per realizzare le splendide esperienze della Repubblica Libera della Carnia e della Zona Libera del Friuli Orientale.

A questi uomini, a questi partigiani, dobbiamo la nostra riconoscenza perché sappiamo che la democrazia di oggi e la nostra Costituzione sono il frutto delle loro lotte, delle loro sofferenze e della morte di tante vittime innocenti. Noi, cittadine e cittadini della città di Udine, decorata Medaglia d’Oro al Valor Militare, non ce lo dobbiamo mai dimenticare. La Resistenza friulana è stata di fatto unitaria e fin dall’inizio ha saputo trovare un accordo di compromesso, perfino con la monarchia, seppur macchiata dalla connivenza con il fascismo, Resistenza che ha saputo formare un governo unitario nelle zone liberate e formare i Comitati di Liberazione Nazionale nelle zone ancora occupate. Quindi non ci furono due Resistenze, quella democratica e quella rivoluzionaria che puntava alla presa violenta del potere, come qualcuno vuol farci credere. E’ per loro, per quegli uomini che sacrificarono la loro vita qui su questo muro, che dobbiamo recuperare e restituire alla gente tutta l’umanità, il rispetto, la dignità che furono – e sono – sconosciuti alle dittature. È questo il senso della memoria. Celebrare la memoria significa riscoprire chi siamo, preservare le radici comuni, ricordare i drammi collettivi. Per poter essere migliori e per evitare nuove barbarie. Don Pierluigi Di Piazza ricorda che “È fondamentale non solo“fare memoria” circoscrivendola in una data, pure importante, bensì vivere la memoria, diventare memoria, essere memoria e testimoniarla nell’oggi della storia” e io aggiungo, per impegnarci a costruire un futuro più giusto e umano attraverso un antifascismo militante. Proprio perché l’antifascismo è anche aver cura della memoria della nostra comunità e del mondo. Perché c’è un pericolo, qui ed ora, per la democrazia e la convivenza civile E QUEL PERICOLO SI CHIAMA FASCISMO. Chi in vari modi cerca di rivalutarlo, di rivalutarne i personaggi, di attenuarne le responsabilità , di far rivivere razzismo, disprezzo per l’avversario, linguaggio, atteggiamenti ed azioni violente si rende loro complice ed apre la strada a nuove ingiustizie e a nuove tragedie. Ricordiamolo che il fascismo e il nazismo oltre a scatenare la guerra, la usarono consapevolmente come occasione per l’eliminazione di intere popolazioni, cercando con il terrore di applicare il loro folle mito della razza. Ricordiamolo, la scienza è chiara: le razze non esistono.
Vedete, la memoria di noi italiani manca sempre di qualcosa: molta parte della gente, le istituzioni e anche la scuola non ricordano le responsabilità italiane nei genocidi: dall’Etiopia alla Libia, dalla Somalia fino ai territori occupati della ex Jugoslavia. Su quest’ultimo fronte nessuno o quasi ricorda mai che la carneficina operata dai titini era stata preceduta dal processo di italianizzazione che vietò persino l’uso della lingua alla popolazione slovena oltre che dai massacri compiuti dagli italiani agli ordini di Mussolini.

Chi si ricorda dei campi di concentramento di Arbe e di Gonars?

Io penso, allora, che dobbiamo organizzare tutte le nostre energie, in una resistenza civile e culturale larga, diffusa, unitaria. In questi giorni l’Anpi è stata più volte menzionata dalla stampa e dai nostri governanti, per argomenti che riguardano la Giornata del Ricordo. Nessun giornalista però si è rivolto alla nostra sede dell’Anpi per chiedere una dichiarazione o un giudizio. L’Anpi non è negazionista, l’Anpi guarda alla storia, quella basata su documenti, su fonti e su testimonianze. Siamo pronti ad un confronto onesto ed aperto con coloro i quali ci accusano e chiedono che l’Anpi venga sciolta. L’esodo giuliano-dalmata viene inestricabilmente accostato alle foibe, sono due fenomeni storici diversi e mettendoli insieme non si fa una seria contestualizzazione e non se ne capisce la complessità; così facendo si fa un torto alla storia. Vi segnalo che l’Istituto regionale per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea nel FVG ha fatto sinteticamente il punto sulla questione in un documento di facile lettura, dal titolo “Vademecum per il giorno del Ricordo” che potrete visionare tutti e scaricare gratuitamente andando sul sito dello stesso Istituto. Vi invito a leggerlo. E se volete approfondire ulteriormente lsi possono leggere gli studi prodotti dal gruppo “Resistenza storica”, fortemente attaccato in questi giorni, a cui va la nostra solidarietà. Noi dell’Anpi quindi riteniamo che la storia del confine orientale, una storia complessa, un fenomeno vasto e diversificato, vada affrontata proprio attraverso la contestualizzazione dei fatti, con l’ analisi, lo studio approfondito, il confronto pacato e onesto tra gli storici e ci auguriamo che anche i nostri politici, da loro possano imparare. Imparare a recuperare quella memoria storica italiana per provare a costruire una memoria storica europea; in un momento in cui l’idea di un continente unito, quella sognata da Altiero Spinelli e da Ernesto Rossi, è minacciata da nazionalismi e neorazzismi. Noi, popolo di oggi, dobbiamo imparare dai morti di ieri, osovani e garibaldini, caduti assieme . Abbiamo bisogno di umanità. Quell’umanità futura e migliore in nome della quale quelle persone sono morte. E concludo con un ricordo. Un sentimento d’affetto va a Giuseppina Medeossi, all’epoca dei fatti, figlia del custode del cimitero, sempre in prima fila a questa celebrazione, che l’anno scorso proprio a poco ore da questa commemorazione, si sentì poco bene e ci lasciò.

E’ anche grazie a lei, alla sua testimonianza, che si poterono ricostruire i fatti che oggi ricordiamo. E allora per questi 23 morti e per Giuseppina: Ora e sempre Resistenza! Viva la Repubblica Italiana, Viva la Costituzione.