Dal Messaggero Veneto di giovedì 11 maggio 2023: DIARI E DISEGNI DEGLI INTERNATI articolo di Giacomina Pellizzari


Dal Messaggero Veneto di giovedì 11 maggio – articolo di Giacomina Pellizzari

DIARI E DISEGNI DEGLI INTERNATI 

Li ha raccolti l’ANPI per scrivere la storia degli IMI, tra cui c’erano diversi alpini 

Il materiale sarà digitalizzato e reso disponibile su un portale online

I pacchi inviati dalle famiglie agli Internati militari italiani (Imi) dovevano essere chiusi con lo spago seguendo le indicazioni dettate dai tedeschi, che avevano stabilito anche il tipo di carta ammessa. Dopo aver compilato un rapportino, la persona che inviava il pacco doveva, obbligatoriamente, scrivere l’indirizzo in duplice copia quasi fosse una sorta di ricevuta di ritorno da restituire al mittente. Sbagliare od omettere una di queste regole significava non far arrivare al prigioniero il contenuto del pacco. Questa è solo una delle informazioni emerse dai documenti consegnati dai parenti degli Imi, nella sede dell’Anpi, l’Associazione partigiani, di Udine, impegnata assieme alle associazioni dei deportati (Aned) e degli alpini (Ana), con il contributo della Regione, nella creazione dell’archivio regionale degli internati militari italiani. Il progetto è alle battute finali: a giugno scadranno i termini per la raccolta del materiale che poi sarà catalogato e studiato. L’obiettivo è scrivere la storia dei 1.162 militari friulani morti dopo l’8 settembre 1943 nei campi di concentramento per arricchire di contenuto anche quanto è già noto a livello nazionale. Nelle sede dell’Anpi di Udine, in via Brigata Re, i cittadini hanno consegnato alcuni diari, documenti di lavoro e diverse cartoline ricevute dai parenti prigionieri. Si tratta di materiale inedito che restituisce una pagina di storia sconosciuta ai più. «Il pacco contiene 1 scatola di sardine, 1 vasetto di latte condensato, 3 pacchetti miscela caffè, 6 cioccolate, pane biscottato, 2 gallette e biscotti» si legge nel rapportino allegato al pacco inviato da Gorizia l’1 maggio 1944. Conservare questi documenti crea una certa emozione, soprattutto quando si scorrono le poche righe scritte dagli internati nelle cartoline per far sapere ai parenti dove si trovavano: «Cari genitori, lavoro in una fabbrica di Colonia come operaio o manovale. Scrivetemi, non abbiate molte preoccupazioni per me. Speriamo di rivederci presto». Era il 5 settembre 1944, mentre nel mese di luglio dello stesso anno un altro prigioniero di guerra su carta intestata Kriegsgefangenenlager (campo dei prigionieri di guerra), dal campo di prigionia (Stammlager) 307 chiedeva ai genitori generi alimentari e li pregava di salutare chi ancora lo ricordava. «Lettere e cartoline venivano controllate e tradotte, abbiamo visto testi scritti in tedesco e in italiano» spiega Gianna Malisani, già deputata e assessore comunale, impegnata nella catalogazione del materiale. Ovviamente la cartolina era un mezzo di propaganda, basti pensare che a fianco dell’indirizzo lo slogan in tedesco non lasciava ombra di dubbio sulle intenzioni: «Dio riconosce solo la guerra e il lavoro». Sarà interessante far analizzare anche le calligrafie degli internati, i quali, nelle lettere, non potevano raccontare le reali condizioni a cui erano sottoposti nei campi e nei luoghi di lavoro.

L’Anpi sta raccogliendo il materiale da mesi, due archivisti Diego Compagnoni e Stefano Perulli assieme al fotografo Igor Londero, hanno già classificato 600 scatti fatti per riprodurre anche i disegni realizzati di nascosto, lasciapassare, libretti di lavoro e pure qualche fotografia scattata di nascosto dai prigionieri dopo aver rimontato la macchina fotografica. L’attrezzatura veniva smontata per non farla trovare. Complessivamente, il gruppo di lavoro ha incontrato una sessantina di persone e compilato una ventina di fascicoli. «Gli internati volevano documentare – spiega Malisani assieme ai presidenti regionale e provinciale, Dino Spanghero e Antonella Lestani -, dovevano farlo senza farsi sorprendere». Tutto il materiale raccolto sarà reso disponibile sul portale già attivo dell’associazione. 

Lo studio dei testi
«Bisogna studiare questi documenti per capire se ci sono novità sull’analisi fatta finora a livello nazionale. È uno studio che si basa esclusivamente sulla diaristica» spiega Gianna Malisani, l’esperta di catalogazione che sta collaborando al progetto dell’Anpi per creare il registro regionale degli internati militari italiani. Malisani auspica che dal materiale raccolto, tra cui disegni, lasciapassare e documenti di vario genere, possano emergere elementi nuovi.
Tutti gli spostamenti
Le immagini dei campi sono rare, mentre i passaporti hanno le foto degli internati. Gli studiosi riescono a ricostruire i vari movimenti dei prigionieri grazie alle cronache che facevano gli stessi a ogni loro spostamento. Quasi tutti scrivevano dei passaggi che facevano sui treni e anche la destinazione finale. Non va dimenticato che la gran parte degli internati, dopo essere stati rinchiusi nei campi, ma lavoravano anche nelle fabbriche di armi.
Seicentomila no
«La mostra itinerante “600 mila no” sugli internati continua a girare nei Comuni, il suo un contributo è determinante nella realizzazione del registro regionale degli Imi». Così il presidente regionale dell’Anpi, Dino Spanghero, nel far notare che la rassegna, a giugno, sarà allestita a Buja. «La mostra è a disposizione di tutti coloro che vorranno portarla nel proprio comune – spiega Spanghero -, è un elemento che ci consente di mantenere i contatti sul territorio».
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