Orazione di Natalia Marino dell’ ANPI NAZIONALE alla cerimonia ufficiale del 25 aprile 2022 a Udine


Finalmente qui, in questa bellissima Piazza Libertà, a Udine, insieme in presenza. Ed è un onore e un’emozione portare il saluto dell’Anpi nazionale in una terra generosa di partigiani e partigiane, di antifasciste e antifascisti.
In memoria di chi è Caduto, di chi è stato deportato, di chi è riuscito a sopravvivere nella lotta di Resistenza, di chi oggi è impegnato a non dimenticare, ringrazio il sindaco Fontanini, ringrazio il prefetto Marchesiello, e chi ha contribuito a questa stupenda solenne celebrazione, le donne e le giovani studentesse che hanno parlato prima di me e tutti voi cittadine e cittadini per esserci.
Aspettavamo questa Festa, questo 25 aprile 2022 per esprimere, pienamente, i sentimenti che riassume questo giorno simbolico così importante per la nostra storia democratica pagato un prezzo altissimo. Impossibile però rallegrarsi, nel profondo, perché la guerra di aggressione all’Ucraina ha travolto tutto, l’invasione russa ci ha respinto prepotentemente indietro nel tempo, nel secolo scorso, in un altro millennio.
Nel 1945, Udine, oggi, combatteva ancora strenuamente, poi arrivò il primo giorno di maggio e sul Castello sventolò il Tricolore. Si avverava una speranza coltivata, e difesa, nei lunghissimi e durissimi mesi della Resistenza: tornare a vivere, liberi dall’occupante, liberi dal nazifascismo, liberi di poter praticare i diritti conquistati nelle montagne, nelle pianure, nelle città.
Assieme all’Anpi tutta spero di poter presto vedere sventolare la bandiera blu e gialla, il colore del cielo e il colore giallo oro del grano, su un simbolico castello in Ucraina.
E così su tutti i castelli di ogni terra dove i popoli subiscono una guerra o sono oppressi da dittature, regimi militari, o comunque autoritari. Quelle genti oggi sono con noi, rappresentate nell’arcobaleno delle bandiere della pace.
L’Anpi è nata nel 1944 tra le macerie di un conflitto planetario ancora in corso, mentre sulle montagne e in pianura si sognava la pace e si immaginava l’architettura della futura Italia democratica; poi ha sempre accompagnato la storia del Paese, anno dopo anno, vigilando e difendendo i valori della lotta di Liberazione e della Costituzione.

La memoria attiva dell’Anpi e del suo ossimoro nativo è anche questo, lottare per conquistare libertà, giustizia e pace e poi difenderle strenuamente e concretamente.
Non poteva essere altrimenti per uomini, e donne, che avevano scelto di prendere in mano il destino della Patria e riscattarlo. Di fare la loro parte contro un nemico che sterminava genti e popoli nei lager e in ogni luogo dove approdava l’esercito criminale delle svastiche e delle aquile per governare col terrore. E quando era costretto a ritirarsi usava le stragi di civili, donne, bambini, anziani, per aprirsi la via di fuga più comoda, aiutato fattivamente dai collaborazionisti nostrani: le bande nere, la Guardia Nazionale Repubblicana, la X Mas.
Da questa magnifica piazza mando un saluto affettuoso a Paola Del Din, che non ho avuto il privilegio di conoscere personalmente. È una delle sole 4 donne decorate invita con Medaglia d’Oro al Valor Militare, le altre 15 hanno ricevuto il conferimento alla Memoria. 19 appena, in tutto.
Nella Resistenza armata combatterono e morirono i comunisti, gli azionisti, i socialisti, i cattolici, i liberali, i monarchici, gli anarchici, e i democratici e basta. La Resistenza italiana fu sì armata ma fu anche molto altro: gli scioperi degli operai e delle operaie, il sostegno dei contadini e in primo luogo delle contadine, l’impegno dei sacerdoti e di tantissime suore, il rifiuto dei militari internati nei campi nazisti, il rifugio dato agli ebrei perseguitati.
La Resistenza vinse quando fu unita. L’unità non è mai fine a sé stessa dicevano due comandanti partigiane che ho conosciuto Laura Polizzi, che non c’è più, e Walchiria Terradura, entrambe comandanti, entrambe medaglie d’argento. L’unità ha senso, rammentavano, per raggiungere certi obiettivi, perché nella lotta era molto importante saper scegliere bene gli obiettivi delle azioni. Dunque, la domanda è questa: la pace è un obiettivo o no?
Lo era per le partigiane e i partigiani, lo era già in ogni città martoriata dai bombardamenti. “Vogliamo vivere in pace” era stato il grido delle fabbriche del Nord nel marzo 1943, Pane Pace e Libertà chiedevano le donne e gli uomini scesi in strada dal Settentrione al Sud il 25 luglio, inneggiando alla caduta del fascismo. Ma la guerra continuava e il fascismo non era finito, anzi nel nostro Paese si sarebbe macchiato
ancor più di sangue con Salò e l’occupazione nazista.
Oggi è importante essere qui con le istituzioni della Repubblica, nata come la Costituzione dalla Resistenza, per ribadire il significato che quella gloriosa stagione racconta nella storia del nostro Paese: l’unica, autentica, lotta democratica e popolare degli italiani.
Per Udine “una lotta che sa di leggenda” abbiamo ascoltato nelle motivazioni della Medaglia d’Oro conferita alla città per il Friuli, il popolo del Friuli. Questo è scritto nella lapide della Loggia del Lionello. Ed è semplicemente vero, senza nessuna retorica. 2. 600 morti.
Cividale e Tolmezzo, per tutti gli altri Comuni, fregiate di Medaglia d’Argento per la straordinaria esperienza, democratica, della Zona libera del Friuli orientale e della Zona libera della Carnia. L’eroico popolo del Friuli che in un’isola di democrazia, in una manciata di settimane separò i poteri civili dai militari, deliberò sulla giustizia, la scuola, le elezioni e il voto alle donne, tutelò il patrimonio boschivo, l’ambiente. Il popolo del Friuli dava forma alla pace.
E perché ieri come ora il sogno della pace non si trasformi in un miraggio, l’obiettivo va costruito: con le diplomazie, la politica internazionale, una voce più forte dell’Europa, la società civile. Tutti dobbiamo impegnarci a fare la nostra parte.
Come il fiume della Marcia Perugia-Assisi di ieri: giovani, donne, famiglie intere, associazioni e bandiere le più diverse, i gonfaloni e le fasce tricolori di tanti sindaci dietro lo striscione di apertura con le parole prese in prestito da Papa Francesco “Fermatevi, la guerra è una follia”. Perché come ha detto proprio lui “La guerra selvaggia e la minaccia atomica non sono un ricordo del passato”.
Stiamo contando i giorni di guerra in cui gli ucraini resistono e muoiono, siamo al 61°, contiamo le stragi di civili al passaggio degli occupanti russi, ma non vogliamo arrivare a numerare i mesi. E pace significa cominciare a costruire un futuro che deve arrivare il prima possibile.
Questo almeno dovrebbe averci insegnato la storia, tra il ’43 e il ’45 in Italia e oggi in Ucraina: che nelle guerre moderne le vittime sono soprattutto i civili, gli inermi, ostaggio della forza. Così è stato a Marzabotto e Stazzema, così alle Fosse Ardeatine, così a Cefalonia. Per questo anche la futura giustizia dovrà essere sapiente e responsabile perché mai più Armadi della vergogna e mai più nelle Corti che saranno deputate a giudicare vogliamo sentire un imputato difendersi, affermando di “aver obbedito agli ordini”.
La Resistenza aveva alle spalle una lunga storia cominciata con l’esilio, il carcere e il confino, il Tribunale Speciale, l’omicidio di Giacomo Matteotti e Giuseppe di Vagno, l’omicidio dei fratelli Rosselli. In altre parole, con l’antifascismo.
Attualissimo, perché l’Italia non ha ancora da 77 anni fatto i conti con il fascismo, come dimostra l’assalto alla sede nazionale della Cgil lo scorso 9 ottobre. E nonostante la XII disposizione finale della Costituzione le organizzazioni della destra che si richiamano al ventennio e quelle neonaziste non sono ancora state sciolte.
Per seguire l’invito di Calamandrei sono andata in pellegrinaggio nei luoghi a Udine dove è nata la Costituzione e ho visto i “macigni” basamento della Carta fondamentale della Repubblica italiana. Li ho visti a borgo Villalta, a piazzale Cavedalis al monumento dedicato alle partigiane friulane; al Monumento alla Resistenza; alla lapide sulla facciata di un liceo con i nomi di 22 Caduti, al Liceo classico Stellini, alla stazione con la lapide dedicata alle donne che assistevano i deportati rinchiusi nei vagoni piombati destinati ai campi di concentramento.
Per questo in memoria di tutte e tutti, con Calamandrei, ai Kesselring e ai loro sottoposti di tutto il mondo di ieri e di oggi, qui da Piazza della Libertà a Udine possiamo dire come è scolpito nell’epigrafe “Ai nostri posti ci ritroverai”.
Viva il 25 aprile Viva la Resistenza Viva la Costituzione