Orazione di Andreina Baruffini Gardini dell’associazione SeNonOraQuando? Udine del 17.09.2022


Elette ed eletti. Rappresentanza e rappresentazioni di genere nell’Italia repubblicana 

Che genere di voto. Immagini e parole dalla stampa friulana sul primo voto alle donne 1946-1948

Il tema della duplice mostra è di drammatica attualità e quindi vorrei riportarvi al discorso della prima donna che ha parlato a Palazzo Montecitorio, quel palazzo dove dal 2016 una Sala è stata intitolata alle Donne, proprio in memoria delle prime Donne entrate nelle Istituzioni della Repubblica Italiana.

Il primo ingresso delle donne italiane in una sede istituzionale avviene il 25 settembre 1945, con la convocazione della Consulta nazionale, organo non elettivo ma di rappresentanza, composto in maggioranza da persone designate dai partiti del Comitato di Liberazione Nazionale.

Ne fanno parte deputate che condividono una cultura antifascista e l’esperienza partigiana: le  comuniste (Adele Bei, Teresa Noce, Rita Montagnana, Gisella Floreanini Della Porta, Rina Picolato, Elettra Pollastrini, Ofelia Garoia); le democristiane (Laura Bianchini e Angela Guidi Cingolani), le socialiste (Clementina Caligaris, Jole Lombardi Tagliacozzo, Claudia Maffioli); la liberale (Virginia Quarello Minoletti) e l’azionista Ada Prospero Marchesini Gobetti. Cinque di esse saranno poi elette all’Assemblea Costituente.

La prima donna chiamata a parlare nell’aula di Palazzo Montecitorio il primo ottobre 1945 è Angela Maria Guidi Cingolani, che inizia il suo discorso tra gli applausi dei colleghi.

Il discorso è breve, ma ne leggerò comunque solo le parti più interessanti.

Colleghi Consultori – dice Guidi Cingolani con voce calma e forte – nel vostro applauso ravviso un saluto per la donna che per la prima volta parla in quest’aula. Non un applauso dunque per la mia persona ma per me quale rappresentante delle donne italiane che ora, per la prima volta, partecipano alla vita politica del Paese.

Ardisco pensare di poter esprimere il sentimento, i propositi e le speranze di tanta parte di donne italiane. Credo proprio di interpretare il pensiero di tutte noi Consultrici invitandovi a considerarci non come rappresentanti del solito sesso debole e gentile, oggetto di formali galanterie e di cavalleria di altri tempi, ma pregandovi di valutarci come espressione rappresentativa di quella metà del popolo italiano che ha pur qualcosa da dire, che ha lavorato con voi, con voi ha sofferto, ha resistito, ha combattuto, con voi ha vinto e ora con voi lotta per una democrazia che sia libertà politica, giustizia sociale, elevazione morale.

[omissis]

Noi donne che siamo temprate a superare il dolore e il male con la nostra operosità e con la nostra pietà, siamo fiere di essere in prima linea nell’opera di resurrezione a favore del popolo nostro.

Non si tema, per questo nostro intervento quasi un ritorno a un rinnovato matriarcato, seppure mai esistito! Abbiamo troppo fiuto politico per aspirare a ciò; comunque peggio di quel che nel passato hanno saputo fare gli uomini noi certo non riusciremo mai a fare!

Il fascismo ha tentato di abbrutirci con la cosiddetta politica demografica considerandoci unicamente come fattrici di servi e di sgherri, sicché un nauseante sentore di stalla avrebbe dovuto dominare la vita familiare italiana.

[omissis]

Colleghi Consultori, ho finito; ma come Donna e come Italiana figlia del mio tempo, sento di non poter meglio concludere se non col sostituire alla mia parola quella ardente della grande popolana di Siena che, a distanza di secoli ed in analoga situazione catastrofica per il nostro Paese, incita ed esalta le donne italiane ad una intrepida operosità, fonte di illuminato ottimismo: “traete fuori il capo e uscite in campo a combattere per la libertà. Venite, venite e non andate ad aspettare il tempo, che il tempo non aspetta noi”.

Il discorso è significativo della piena maturità di pensiero politico delle donne rispetto a un ruolo che sino a quell’epoca era loro negato.

Il contributo delle Donne Costituenti si concentrò strategicamente sulla parte di Costituzione che riguarda i diritti e i doveri di cittadini e cittadine, i punti chiave, che ne hanno fatto un testo di elevato valore democratico.

Furono sanciti in tal modo il principio della pari dignità sociale e eguaglianza tra donna e uomo e il riconoscimento che anche il sesso può essere causa di discriminazione (art. 3), la parità tra donna e uomo in ambito lavorativo e il riconoscimento del doppio ruolo di madre e lavoratrice (artt. 4 e 37), l’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi (art. 29), l’accettazione della funzione sociale della maternità e il diritto alla sua tutela (art. 31), la parità di accesso agli uffici pubblici a alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza (artt. 48 e 51)

Fu caratterizzato da una forte unità di intenti, capace di superare le differenze relative all’appartenenza a diversi partiti politici per rivendicare in una sola voce i diritti delle donne e il riconoscimento della loro piena e paritaria cittadinanza.

Nella non lunga storia della nostra democrazia, nemmeno un secolo in fondo, le Donne della Costituente non sono state l’unico esempio di forte coesione fra le donne nelle battaglie per i diritti delle donne.

Conosciamo le battaglie per la legge sul Divorzio (1970), per la quale molto si impegnò Nilde Iotti

Meno nota forse la L.66  del 1963, con la quale finalmente le donne sono ammesse “ai pubblici uffici ed alle professioni” con soli due articoli. Articolo 1: “La donna può accedere a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la Magistratura”.

Ma è determinante anche l’intera riforma del diritto di Famiglia nel 1975, che sancisce la  parità fra Donna e Uomo anche all’interno del matrimonio.

Poi la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza (L.194/1978), che pone fine alla piaga degli aborti clandestini.

L’addio al delitto d’onore e al matrimonio riparatore (1981)

Il perseguimento della parità sostanziale, quella che già venne espressa negli anni ’40 nell’art. 3 della Costituzione, è un cammino lungo e complesso.

Penso alla Parità sul lavoro (sancita da una legge nel 2010 che afferma il diritto delle lavoratrici a percepire, a parità di condizioni, la stessa retribuzione dei colleghi maschi)

Con la legge 12 luglio 2011 n. 120 si vincolano gli statuti delle società quotate a prevedere che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato garantendo l’equilibrio tra i generi, intendendosi tale equilibrio raggiunto quando il genere meno rappresentato all’interno dell’organo amministrativo ottenga almeno un terzo degli amministratori eletti. Questo criterio dovrà applicarsi per tre mandati consecutivi e varrà anche per le società soggette a controllo di pubbliche amministrazioni.

La legge sullo Stalking segue nel 2009, nel 2013 viene poi approvato il decreto legge contro il femminicidio e la violenza sulle donne.

Questo cammino richiede sempre nuovi passi, ma in avanti, non certo all’indietro.

Occorre essere vigili, perché non possiamo riposare sugli allori e credere che sui diritti non si torni mai indietro: la lotta per i diritti è lunga e faticosa, ma gli arretramenti sono un rischio costante, come dimostrano le recentissime svolte reazionarie in Paesi che da decenni consideriamo democratici, in Europa e in America.

Angela Guidi Cingolani nel suo primo discorso si definiva donna e italiana.

E basta.

Eppure era profondamente cattolica (Democristiana), era madre, era moglie.

Ma era, prima di tutto Donna e Italiana, antifascista, democratica.

Portava fieramente anche il cognome da nubile (Guidi) e si batteva per i diritti delle donne, di tutte le donne, soprattutto delle lavoratrici, anche se non erano madri, anche se non erano, come lei della borghesia.

I tempi sono cambiati: le forti incertezze politiche ed economiche portate dalla pandemia e dalla guerra ci spaventano e tentano i meno avveduti verso un voto di teorica autodifesa del nostro “particulare”, di quella che alcuni politici chiamano identità.

Identità è una parola affascinante e rassicurante, una lusinga, ma la verità è che è una bugia: è la faccia ipocrita del razzismo, del fascismo.

Anche quando è declinata in apparenza al femminile, ma di fatto propugna la prevalenza dei più forti, il regresso verso il tradizionalismo, il familismo: in sostanza i valori del patriarcato.

Non è questo che le donne vogliono.

Non è questo che vogliamo e dobbiamo difendere i diritti di eguaglianza e democrazia.

Andiamo a votare.

Udine, 17 settembre 2022

Andreina Baruffini Gardini

Senonoraquando? Udine