Orazione di Alessandra Missana dell’8 marzo 2024 presso Monumento alle Donna Partigiana a Udine


L’ANPI di Udine, come ogni anno in occasione della giornata internazionale della donna, rende un vero, sincero e grato omaggio alle partigiane che hanno lottato durante la Resistenza per difendere i valori di pace, giustizia, libertà, uguaglianza. L’ANPI coltiva il ricordo non la dimenticanza perché non è una storia passata che si è conclusa nel 1945 con la fine della II GM. È una storia viva, contemporanea, attuale. È grazie al sacrificio delle tante donne che lottarono contro il nazifascismo se noi oggi possiamo vivere in una democrazia garantita dalla nostra Costituzione.

Questo è il monumento dedicato alla donna partigiana, voluto con fermezza dalla partigiana Fidalma Garosi Lizzero, nome di battaglia Gianna. Grazie all’impegno dell’ANPI il monumento venne inaugurato nel 2013 proprio nel cuore del Centro Studi di Udine, offerto alle studentesse e agli studenti che passano di qui quotidianamente.

Sono state donne coraggiose, vissute in un periodo nel quale il coraggio poteva andare perduto fra pentole semivuote e fotografie ingiallite.

Le partigiane hanno messo in gioco la loro vita, hanno pagato in troppe con la loro vita. Ma lo fecero, lo fecero in un periodo storico in cui alle donne era stato da tempo rifilato il ruolo di angelo del focolare, figura materna, donna che si occupava della casa e dell’orto. Già nel 1922 Mussolini dichiarò: “Non credo estendere il diritto di voto alle donne. Sarebbe inutile”.  E qualche anno dopo “La donna deve obbedire… se io le concedessi il diritto elettorale mi si deriderebbe. Nel nostro Stato essa non deve contare”. Sottolineo la parola CONCEDERE.

E quindi: nel 1926 le donne vengono escluse dalle cattedre di lettere e filosofia, non possono essere nominate dirigenti e presidi. Viene persino stilato un elenco di impieghi (nel 1938) che potevano essere assegnati alle donne: dattilografia, stenografia, tenuta degli schedari, addette alla vendita di abbigliamento femminile, di giocattoli, profumeria e così via.

Nell’Enciclica del 1931 il Papa Pio XI condannava il lavoro delle donne fuori dalle mura domestiche “….Che poi le madri di famiglia, per la scarsezza del salario del padre, siano costrette ad esercitare un’arte lucrativa fuori delle pareti domestiche, trascurando così le incombenze e i doveri loro propri, e particolarmente la cura e l’educazione dei loro bambini, è un pessimo disordine, che si deve con ogni sforzo eliminare”.

E Giovanni Gentile ne ‘La donna nella coscienza moderna’, scrive “La donna non desidera più i diritti per cui lottava…si torna alla sana concezione della donna che è donna e non è uomo, col suo limite e quindi col suo valore”.  Nella famiglia la donna è del marito, ed è quel che è in quanto è di lui”.

Ed è in questo contesto, a lungo coltivato, lavorato e lievitato (per usare parole del focolare domestico) che molte donne entrano nella storia d’Italia.  Decine di migliaia, dopo l’8 settembre, irrompono nella storia, imbracciano le armi e partecipano alla Resistenza accanto ai compagni maschi, rompendo anche lì quello spesso soffitto di cristallo che pesava sulle teste di tutti, riuscendo ad affermare la loro capacità, la loro sacrosanta parità fra i partigiani maschi e non senza difficoltà. Imbracciano le armi come ultima ratio: la guerra doveva finire. La pace, la libertà e la giustizia sociale erano l’ossigeno di cui il Paese aveva bisogno subito.

E decine di migliaia entrarono attivamente nella lotta di Liberazione ma sottovoce, con gesti di cura e di solidarietà o divenendo staffetta. Nelle città e nei paesi gli uomini non potevano circolare se non con precisi documenti, mentre le donne potevano muoversi… Che pericolo avrebbero mai costituito? La staffetta aveva il pericoloso ruolo di informatrice, di corriere; garantiva i collegamenti fra le brigate partigiane. Gli incarichi assegnati erano molto rischiosi. Di solito la staffetta si muoveva da sola e disarmata e attraversava in bici o a piedi zone pericolose. Andava in avanscoperta durante le marce di trasferimento delle colonne partigiane, si occupava dei feriti. Trasportava messaggi, armi, dispacci, viveri, medicine. usando intelligenza sopraffina per aggirare il nemico e portare a termine la missione a rischio della vita.

Paolo Emilio Taviani, in qualità di Ministro (era stato anche uno dei capi della resistenza ligure), nel 1953 mentre consegna la medaglia d’argento al valor militare a Lucia Ottobrini che fu a capo di una divisione di partigiani, importante protagonista della resistenza romana, le domandò: “Lei è la vedova del decorato?” “La decorata sono io”.

Così era la condizione della donna e così è oggi in tante parti del mondo.

L’ANPI si schiera a fianco delle donne che lottano per la democrazia, per la pace, per la libertà. È a fianco delle donne di Israele e di Palestina, vittime di violenze inaudite volute e condotte da carnefici che, baciando ognuno i propri simboli, compiono stragi di civili, donne bambini e anziani. Si tratta di crimini di guerra.

È a fianco delle donne ucraine che vivono da due anni l’invasione della Russia. Questa guerra sta assumendo giorno dopo giorno toni più allarmanti. È dell’altro giorno la minaccia di Putin di un conflitto nucleare: i suoi missili sono in grado di colpire l’Occidente. L’ANPI chiede il cessate il fuoco in Ucraina, in Palestina in tutte le parti del mondo sede di conflitti. È ora di pace, a tutti i costi.  Di pace.

Si vis pacem, para pacem

Ed è a fianco delle donne afgane, scomparse dentro un burka, private dai talebani dei loro diritti, col divieto di andare a scuola, all’università (perché per il ministro dell’istruzione Nadim, l’istruzione femminile non è ritenuta islamica, non è rispondente ai valori afgani). Non vogliamo che ci si dimentichi di loro e delle sofferenze che ogni giorno patiscono.

A fianco delle donne iraniane pestate a sangue se una ciocca di capelli esce dal loro velo come nel caso di Mahsa Amini, uccisa. Sempre nel cuore il ‘Bella ciao’ cantato da una bambina iraniana sul tetto della sua casa.

A fianco delle donne che vivono in paesi con regimi dittatoriali, autoritari, oscurantisti o poveri da cui scappano salendo su fatiscenti barconi con i loro figli, disobbedendo al consiglio del Ministro Piantedosi sul non intraprendere viaggi se le condizioni metereologiche non sono buone…. Dopo il disastro di Cutro ha affermato “è colpa dei genitori La disperazione non può giustificare viaggi pericolosi per le vite dei figli” Ah Ministro Piantedosi……

A fianco di ILARIA SALIS la cittadina italiana, la maestra di 39 anni che dal febbraio 2023 è detenuta in carcere a Budapest per una presunta aggressione a due neonazisti. L’abbiamo vista tutti, incatenata mani e piedi e con un guinzaglio, trascinata da una poliziotta nelle aule del tribunale di Budapest. Non ha ricevuto alcuna denuncia dai due neonazisti e rischia fino a 24 anni di carcere. Ma quale carcere? Il trattamento che ha ora ci è stato sbattuto in faccia con sfacciataggine, come a volerci far capire che Orban fa esattamente ciò che vuole in barba ai diritti internazionali, in barba al gradimento degli altri Paesi. Veramente inquietante che l’Italia vanti rapporti di amicizia con lui….

Noi dobbiamo essere lucidamente consapevoli del valore della nostra Costituzione che si basa su valori fondamentali: la persona, il lavoro, la dignità, la libertà, l’uguaglianza, la democrazia, l’etica, la legalità. La Costituzione non si limita all’enunciazione dei diritti fondamentali: fornisce indicazioni chiare per la loro attuazione. Il primo elemento che caratterizza la Costituzione è dunque la persona umana, con la sua dignità. Persona come membro consapevole di un gruppo sociale, persona titolare di diritti e di doveri, attiva verso lo sviluppo sociale e culturale oltre che economico. Tutto ciò si può realizzare perché l’Italia è una repubblica democratica. Democrazia è partecipazione, è non autoritarismo.

Ci si prospetta un periodo in cui dobbiamo essere particolarmente vigili, particolarmente capaci di opporre ragionamenti a slogan fumosi. È da tempo che si parla di Riforma Costituzionale che introdurrebbe l’elezione diretta del Presidente del Consiglio.  È una proposta pericolosa per più aspetti. Innanzitutto ci viene venduta come atto di sublime democrazia perché l’elezione del primo ministro avverrebbe direttamente dal popolo. È una riforma che sconquassa il sistema senza trovare nuovi punti di equilibrio. Per esempio in caso di dimissioni o del venir meno del Presidente del Consiglio eletto, lo stesso verrebbe sostituito da un parlamentare, di quella stessa maggiorana, senza alcuna elezione diretta.

Il Capo dello Stato resta una figura esistente ma deprivata del suo necessario ruolo di garanzia.  Oggi il Capo dello Stato ha la legittimità che gli deriva dal Parlamento.

Accanto a questa riforma, quella sull’autonomia differenziata che ferisce la Costituzione e disegna una democrazia a pezzi. Appare singolare che i cd patrioti creino così tanti rischi per l’unità del Paese, davvero singolare che si impegnino contro l’uguaglianza dei cittadini.

La riforma ha in sé le premesse per aumentare la disparità fra Nord e Sud del Paese oltre che fra molte regioni del Nord. Rischia di ampliare le disuguaglianze già esistenti fra cittadini che fruiscono di certi servizi e cittadini che potranno beneficiarne solo in parte o che non potranno proprio accedervi. Pensiamo solo alla sanità o all’istruzione.

Siamo ben consapevoli che la sanità pubblica gratuita per tutti (traguardo raggiunto da una donna, Tina Anselmi (fu la prima donna a ricoprire l’incarico di Ministra della Repubblica Italiana) viene gradualmente smantellata a favore di un’organizzazione di tipo privatistico. Ciò significa che le persone con soldi si potranno curare; le altre dovranno aspettare sperando che i tempi per le loro analisi e cure siano più brevi dell’aggravarsi delle loro malattie. Inoltre servono i servizi territoriali (non qui o là a seconda delle regioni, ovunque), bisogna ripristinare i Consultori affinché le ragazze possano contattare medici, psicologi, assistenti sociali, persone a cui confidare paure o minacce subite.

Con l’autonomia differenziata infatti si aggraverà maggiormente la carenza di strumenti utili per prevenire o per proteggersi da violenze. Quasi 20 femminicidi dal primo di gennaio. A questo proposito cito alcune riflessioni ed affermazioni del Capo dello Stato Sergio Mattarella: “L’amore è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità” “Le donne devono essere libere di essere libere. “Non basta indignarsi a intermittenza” ed esorta le istituzioni a trovare soluzioni concrete.”

Servono quindi soluzioni concrete da parte delle istituzioni (ovvero creazione di strumenti, presidi ed anche un consistente aumento di personale formato in grado di creare una rete di protezione intorno alla persona che si sente minacciata) nonché una formazione continua fin dai primi anni di scuole in grado di imprimere una svolta culturale nei giovani nel rispetto del partner.

E a proposito di formazione e di istruzione…. il Min Valditara, Ministro dell’Istruzione e del Merito, prevede di introdurre i giudizi sintetici, come il gravemente insufficiente, nelle scuole elementari. È un’aberrazione. Bisogna introdurre invece più insegnanti di ruolo, insegnanti di sostegno, e non creare mortificazioni e umiliazioni nel luogo preposto alla formazione dell’individuo quale è la scuola, il luogo in cui ciascuno impara a dare il meglio di sé. Il luogo che dovrebbe appassionare e portare alla scoperta di se stessi e del mondo. Bocciate senza appello sono queste idee, gravemente insufficiente è questo Governo.

Ecco, la scuola, di ogni ordine e grado, dovrebbe anche portare ciascuno studente a imparare a riflettere, a ragionare su ciò che accade, a raccogliere quanti più elementi possibili per comprendere se una cosa è giusta o sbagliata motivando la propria scelta, ascoltando le altrui motivazioni. E dovrebbe, anzi deve, protestare se ritiene che certe scelte che vengono decise sono sbagliate. E deve poter manifestare pacificamente per attirare l’opinione pubblica e l’attenzione dei politici, così come sancito dagli artt 17 e 21 della nostra Costituzione. Senza paura di essere manganellato, ferito, identificato. 

Siamo con voi ragazze dei cortei.

No, non ce la prendiamo con le forze dell’ordine. Ce la prendiamo con chi a quelle forze dell’ordine ha comandato di agire così.

Non permettiamo che la repressione sia un metodo qui in Italia. 

Non lo permetteremo.

Viva la democrazia, viva la nostra Costituzione, Viva l’Italia antifascista, gratitudine alle nostre partigiane.

Alessandra Missana

Vice Presidente ANPI sez. “Città di Udine – Fidalma Garosi Lizzero Gianna