MUSSOLINI HA FATTO TANTO PER LE DONNE Le radice fasciste del maschilismo italiano di Mirella Serri


MUSSOLINI HA FATTO TANTO PER LE DONNE Le radice fasciste del maschilismo italiano di Mirella Serri ediz.Longanesi

recensione a cura di Carlo Baldassi , comitato direttivo Anpi “Città di Udine”

In questo saggio storico-narrativo M.Serri si pone l’obiettivo di evidenziare come l’insaziabile narcisismo sessuale e misogino di Mussolini fu parte del ‘maschilismo di Stato’ del fascismo, ma che quell’approccio affondava le radici in una in-cultura diffusa e trasversale che faticò ad essere superata anche nel dopoguerra. Si veda ad es. il lungo e incerto percorso del voto alle donne in Italia (ottenuto solo nel 1946 in forte ritardo rispetto altre democrazie) nonostante le prime proposte risalissero al 1908. Quelle proposte furono contrastate allora non solo dai ceti borghesi e dalla Chiesa più ottusa, ma persino da maschi socialisti a cui le poche donne dirigenti del PSI (Kuliscioff, Balabanoff ecc) dovettero opporre una difficile – e perdente- battaglia. Furono queste tra le poche donne che poi resistettero pubblicamente al ‘duce’ e al regime. Ben altra storia quella con M.Sarfatti- una raffinata donna in origine socialista – che fu particolare sostegno anche economico di Mussolini introducendolo nei salotti milanesi e poi sua amante. Nel 1925 la Sarfatti – divenuta un’entusiasta fascista – redasse la biografia del ‘duce’ ma dopo un lungo e ipocrita tira e molla Mussolini la ripudiò in modo insultante.

Il percorso politico è noto. Da incendiario direttore massimalista dell’Avanti Mussolini perorava la rivoluzione e la causa neutralista alla guerra. Causa rapidamente abbandonata all’inizio del 1915 quando dal suo neonato Popolo d’Italia – finanziato coi quattrini francesi – scagliava il suo verbo interventista dannunziano e futurista. Rientrato dalle trincee, attaccò coloro che considerava responsabili di Caporetto (socialisti pacifisti alla Treves, il Papa e i bolscevichi) e si cominciava a intravedere anche una sua visione politica totalitaria: ‘I militari dovevano governare l’Italia postbellica. I combattenti della Grande Guerra sarebbero stati l’aristocrazia e il nucleo centrale della nuova classe dirigente’. (Serri pag.137).

Dal 1919 Mussolini comincia a delineare quella che sarà la visione fascista della donna e del suo ruolo ‘geneticamente’ subalterno, anche se nella prima fase ci fu una certa benevolenza verso le non poche donne che adottavano un atteggiamento ‘mascolino’ accanto agli squadristi. Ma ben presto dal Popolo d’Italia Mussolini chiuse la sua commedia: ‘Le donne devono stare al loro posto’. Nel capitolo ‘maschilismo di Stato’ la Serri elenca le disposizioni che il nascente regime rapidamente emana, in particolare la riforma Gentile che dal 1923 delinea una educazione scolastica differenziata. Per le ragazze niente liceo né materie scientifiche ma economia domestica per assolvere al ruolo essenziale di madre e sposa subalterna al marito definito dalla legge titolare della ‘potestà maritale’. Via via i lavori femminili possibili diventarono la commessa o la dattilografa, con stipendi ridotti rispetto ai maschi e niente ruoli dirigenziali. Nel regime totalitario le cerimonie pubbliche di consenso coinvolgevano naturalmente anche le donne (dalle giovani italiane al dono delle fedi nel 1936) ma gli stessi importanti servizi per la famiglia (ONMI, colonie ecc) erano intesi come funzionali all’essenziale loro ruolo ‘riproduttivo’ esplicitato dai premi alla prolificità. A supportare l’opera pensava la Chiesa cattolica che dopo i Patti Lateranensi pubblicava l’enciclica Casti Connubii.

La seconda guerra mondiale con le sue tragedie riportò le donne ad un ruolo attivo nelle fabbriche come nella prima guerra, sino alle manifestazioni contro la miseria che aprirono anche l’epopea della Resistenza dove il ruolo femminile fu molteplice. E dopo il 1945? Purtroppo (pag.256) nonostante i dettami della Costituzione, in Italia residui di ‘maschilismo di Stato’ non scomparvero. ad es. solo nel 1958 furono abolite le case di tolleranza. L’emancipazione femminile fu lunga e fondamentale furono il ’68 e la vittoria del NO al referendum sul diritto al divorzio nel 1974. E la battaglia continua.