LA RESISTENZA Atlante storico di Emilio Gentile 


LA RESISTENZA Atlante storico di Emilio Gentile, ediz. Rizzoli

recensione a cura di Carlo Baldassi , comitato direttivo Anpi “Città di Udine”

 In questo nuovo lavoro ricco anche di immagini E.Gentile condensa in modo più divulgativo la sua lunga e prestigiosa attività di storico del fascismo e del novecento. L’obiettivo si delinea da subito nella definizione della Resistenza italiana rispetto altre simili esperienze. Caratteri comuni tra esse furono certamente quelli di rappresentare una guerra patriottica per la liberazione del territorio nazionale dall’invasore nazifascista (così dalla Norvegia all’Olanda, dalla Cecoslovacchia alla Polonia) con le relative modalità belliche. Ma in Italia essa si sviluppò con due differenze: 1) mentre le altre resistenze europee si ponevano essenzialmente l’obiettivo di restaurare i regimi precedenti all’invasione ‘..In Italia la maggior parte  dei combattenti della Resistenza volevano costruire uno Stato nuovo con una democrazia diversa da quella prefascista’ e 2) la Resistenza ‘corta (dal 1943 al 1945) in Italia fu parte di una ‘Resistenza lunga’ ’..collegando storicamente i venti mesi della guerra di liberazione ai precedenti vent’anni di opposizione antifascista’. Questa ventennale opposizione fu condotta in particolare da militanti delle sinistre marxiste e liberaldemocratiche che spesso finivano in carcere,  accanto ad alcuni  esponenti liberali (Croce) e cattolici (Sturzo, De Gasperi) sia in Italia che nel ‘fuoruscitismo’ – e poi con la partecipazione alla Guerra civile in Spagna contro il franchismo reazionario sostenuto da Mussolini e Hitler. (pag. 14 sgg)

Dunque seguendo la ormai classica definizione che ne diede C.Pavone (1991) la Resistenza italiana fu sia ‘guerra patriottica’ contro l’invasore nazista, sia ‘guerra di classe’ (il proletariato alla riscossa) sia ‘guerra civile’ contro i residui del fascismo.

Anche se fenomeno minoritario e con alcune contraddizioni interne, la Resistenza italiana fu davvero un movimento di popolo a cui aderirono in varie modalità operai, soldati, preti e donne coraggiose. Certo – ricorda G. – le formazioni partigiane – spesso guidate da giovani inesperti – non furono esenti da errori e dissidi interni derivanti dalle differenti culture politiche (spesso ancora incerte) e dalle prospettive postbelliche. E ci furono anche casi di scontri armati ed esecuzioni fratricide: così la tragica strage di partigiani monarchici osovani a Porzus (Ud) nel febbraio 1945 da parte di garibaldini guidati da Giacca su ordine degli sloveni del IX Korpus per la questione dei confini. Ma prima di essa ricordiamo anche la proditoria fucilazione nel dicembre 1943 di quattro garibaldini comunisti da parte di militari badogliani a Malga Silvagno nel vicentino (una sorta di Porzus al contrario-ndr).

Eppure gli stessi protagonisti, pur seguendo un  percorso a volte impervio e legato alle contingenze belliche,  mantennero un orientamento sostanzialmente unitario ed un fine comune: un’Italia libera e più democratica.

Come noto i primi importanti nuclei di resistenza armata scaturirono dall’8 settembre (anticipati- ricordiamolo- dal 1°distaccamento garibaldino sul Collio nel marzo 1943- ndr) col disfacimento dell’esercito a cominciare dai comandi superiori e dal re fellone fuggito a Brindisi. Così centinaia di migliaia di soldati abbandonarono la divisa e le armi in giorni nei quali’ ‘nulla si salvò dei pretesi valori di disciplina e di ordine che per un ventennio hanno caratterizzato la dittatura fascista e, per un secolo, la struttura monarchica dello Stato tutta basata sul rapporto dinastia, esercito, monarchia’. (ivi pag.47 sgg).  Ma il nazismo aveva ancora bisogno di un regime italiano fantoccio al centro-nord: nacque così già nel settembre 1943 la repubblica di Salò che fu ‘..di fatto una dichiarazione di guerra civile del fascismo contro lo Stato monarchico ..nel Sud e contro l’antifascismo’.

Nel frattempo si riorganizzavano i partiti e i movimenti antifascisti che già il 9 settembre formarono  a Roma il CLN affiancando il governo provvisorio di Badoglio. Il CLN emanò poco dopo il suo ‘Manifesto della Resistenza’ in cui si dichiarava unico rappresentante del popolo italiano e la sua autorità di fronte agli Alleati.

Le differenze ideali e politiche nel CLN si evidenziarono subito sulla questione monarchia o repubblica che fu momentaneamente superata dall’intelligente mossa di Togliatti nella primavera 1944 che favoriva la lotta unitaria  rinviando alla fine della guerra la decisione istituzionale tramite un referendum. Si costituivano intanto le prime formazioni partigiane armate, a cui – accanto agli antifascisti ‘storici’ usciti dal carcere- aderirono militari per evitare i bandi di Graziani o per sfuggire alle deportazioni in Germania, intellettuali e cittadini per patriottismo contro l’occupante o anche per un riscatto personale dopo vent’anni di regime. Ci furono anche vari ufficiali inferiori che – rispettando il loro precedente giuramento al re – organizzarono formazioni autonome (es. Fiamme Verdi, Osoppo ecc) o aderirono al nascente esercito del Sud accanto agli Alleati.

In tutta la Resistenza civile e armata decisivo fu il sostegno popolare raccogliendo cibo e mezzi, con le staffette e con l’assistenza alle famiglie. Inevitabilmente nella guerra civile- dove valori profondi si accompagnavano a crude esigenze quotidiane dei combattenti – erano frequenti non solo le razzie naziste ma anche le requisizioni ‘ufficiali’ compiute da partigiani, accanto alle pur molte generosità spontanee. E quando le requisizioni erano condotte in modo ‘sbrigativo’ – esse provocavano inevitabilmente sorda ostilità da parte dei civili coinvolti (spesso donne con bambini), timorosi delle rappresaglie e umanamente desiderosi solo che finisse la guerra. La questione diventava ancora più grave quando nelle azioni si insinuavano personaggi ambigui che – nonostante la vigilanza dei comandanti partigiani sino a casi di fucilazione immediata- provocavano danni politici. A questo tema la storiografia più recente ha dedicato contributi importanti (v.ad es. C.Colombini e S.Peli al convegno di Ampezzo del 2024 sulla zona libera della Carnia). Ma resta un tema che non può inficiare il larghissimo sostegno popolare e il ruolo del CLNAI nella guida della lotta di liberazione.  Ruolo che fu essenziale di fronte agli Alleati e che – accanto alle imprese militari del  CVL dal 1944 – permise all’Italia di essere considerata co-belligerante evitandole le durissime condizioni poi applicate a Germania e Giappone.

Gentile sintetizza infine come ‘La vittoria della Resistenza pone fine alla tragedia italiana durata tre decenni, iniziata nel sangue della Prima guerra mondiale, cessata nel sangue della Seconda guerra mondiale…(Ma soprattutto) Nei venti mesi della sua breve storia, avvenne in Italia una rivoluzione popolare all’insegna della libertà che (anche se ad opera di una minoranza e) ..con l’aiuto indispensabile degli Alleati -conquistò per gli italiani e le italiane, e anche per i propri nemici nella guerra civile, il diritto di scegliere pacificamente i propri governanti’. (pag.181).

P.S. Ai giovani friulani che incontriamo nelle molte iniziative Anpi, suggeriamo sempre di rileggere la lapide apposta in Comune a Udine nella Loggia del Lionello e che ricorda la concessione della medaglia d’oro per la Resistenza al Friuli e alla città. Vale sempre.