La Jugoslavia e la questione di Trieste 1945-1954 di Federico Tenca Montini


La Jugoslavia e la questione di Trieste 1945-1954 di Federico Tenca Montini edizioni Il Mulino

recensione a cura di Carlo Baldassi , comitato direttivo Anpi “Città di Udine”

Ha trovato un significativo apprezzamento il recente lavoro di questo giovane storico udinese che si sviluppa sullo sfondo della complessa vicenda del secondo dopoguerra nell’Adriatico orientale.

Grazie a documenti prima inaccessibili (anche linguisticamente) nel libro si espongono tre fasi della politica estera jugoslava incentrate sulla questione di Trieste e del confine con l’Italia e le più generali strategie titoiste. Rileggere l’intero decennio postbellico anche con gli occhi del gruppo dirigente jugoslavo aiuta a migliorare la comprensione condivisa di quelle vicende nel solco del lavoro iniziato unitariamente nel 2007 dagli storici italiani, sloveni e poi croati. La storiografia italiana più qualificata (v. le pubblicazioni dell’ Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea del Friuli Venezia Giulia e di altre regioni, i lavori di M.Cattaruzza, R.Spazzali, R.Pupo, P.Karlsen ecc) ormai affronta l’intera questione del ‘confine orientale’ con una visione larga che parte dagli effetti del nazionalismo italiano di fine ‘800, considera i disastri del fascismo e quindi l’affermarsi della nuova Jugoslavia nel contesto della guerra fredda.

Particolarmente dettagliata è la descrizione che Tenca Montini fa del dipanarsi della posizione jugoslava su Trieste – inizialmente più aggressive grazie all’appoggio atteso dall’URSS ed alla leadership conquistata dopo la tremenda guerra civile e la vittoria sul nazifascismo – ma che l’iperorgoglioso nazionalismo comunista titino dovette progressivamente modificare dalla improvvisa rottura con Stalin in poi e con l’Italia ormai nella sfera occidentale.

La condanna di Stalin verso la nuova Jugoslavia socialista fu dovuta formalmente alle mire di Belgrado di una autonoma leadership nei Balcani meridionali.  Sentendosi circondata, la dirigenza titoista attuò dalla metà del 1948 una repressione feroce verso i ‘cominformisti’ interni (si veda anche la triste vicenda dei ‘monfalconesi’ deportati a Goli Otok) accompagnata ad un parallelo avvicinamento tattico agli alleati occidentali che strumentalmente le concessero cospicui finanziamenti (l’autore lo definisce ‘socialismo con grano americano’).

Parallelamente continuava la discussione tra le diplomazie internazionali sul confine orientale, che comprendeva anche un particolarissimo ambito: quello dei rapporti tra PCJ e PCI che dal 1946 diventarono difficili, generando poi curiosamente dal 1948 anche un’inversione dei ruoli sul tema dell’internazionalismo.