Discorso di Nadia Mazzer alla cerimonia di Premariacco del 4 luglio 2020


Buongiorno a tutti e a tutte. Grazie per l’invito.

Nel preparare questo discorso, mi ha fatto riflettere la dicitura “orazione ufficiale” che compariva sugli annunci della manifestazione di oggi.

Orazione, antica parola che nel suo significato mette insieme l’ufficialità del discorso pubblico (l’oratore che nel foro romano perora questa o quella causa ) con l’espressione dei sentimenti personali (orazione come preghiera, l’orante che nella chiesa delle origini si rivolgeva a Dio con le braccia aperte)

A questi morti che noi oggi qui commemoriamo hanno legato le mani dietro la schiena e non hanno neppure permesso che un prete si avvicinasse per una parola di conforto o di commiato.

Questo rito laico mette insieme il significato storico e civile di quei morti (“viva l’Italia libera!” riuscì a gridare uno di loro) con i sentimenti e le emozioni che il loro sacrificio ancora suscita ( o per lo meno dovrebbe suscitare) in ognuno di noi.

Qui si parla di 26 partigiani, quasi tutti giovanissimi (dai15 anni ai 20 e oltre), prelevati dai nazisti dalle carceri di Udine ed impiccati: 13 tutti insieme (il gruppo di Feletto) a Premariacco, 7+ 6 a S. Giovanni al Natisone. Macabra contabilità!

Impiccati per rappresaglia nei confronti dell’uccisione di 3 tedeschi: 26 contro 3. Macabro confronto!

Era il 29 maggio 1944 (76 anni fa). Il 29 maggio 2020 avremmo dovuto ricordarli. Non abbiamo potuto farlo e tutti sappiamo il perché.

Il coronavirus, o Covid-19, il 25 aprile, e questo 25aprile era importante perché segnava i 75 anni dalla fine della lotta di Liberazione, ci ha impedito di riempire le piazze reali, noi dell’Anpi  abbiamo cercato di riempire le piazze virtuali e possiamo dire, non senza soddisfazione, di esserci riusciti.

Ma sono le persone in carne ed ossa che fanno la differenza. Sono queste che realmente, concretamente, vivono e muoiono.

Il coronavirus ci ha obbligato a riconsiderare ed a tenere bene a mente la differenza tra virtuale e reale.

Una cosa è vedere il viso di una persona cara ricoverata in ospedale attraverso lo smartphone che una caritatevole infermiera ha attivato, cosa ben diversa è poter abbracciare il suo corpo per farle sentire il nostro affetto e per darle coraggio.

Anche i parenti degli impiccati di Premariacco e S.Giovanni avrebbero voluto abbracciare un’ultima volta da vivi i loro cari ed invece non hanno potuto neppure dare loro una sepoltura. Dopo essere stati lasciati appesi per un’intera giornata, quei corpi sono stati portati via su un camion, si dice che siano stati bruciati nel forno crematorio della Risiera di S.Sabba a Trieste.

Analogia imprevista ed imprevedibile con i camion militari che portavano alla cremazione in luoghi lontani i morti da coronavirus e che tutti noi abbiamo visto.

Di questa pandemia due sono le circostanze che mi hanno colpito: il fatto che non l’avessimo prevista e la reazione del personale sanitario.

Partiamo dai medici, dagli infermieri ( forse meglio dire infermiere, data la prevalenza delle donne in questo settore) dai tecnici di laboratorio, dagli operatori socio sanitari(anche in questo caso le donne prevalgono): le modalità che hanno utilizzato per far fronte alle fatiche quotidiane, alle difficili condizioni di lavoro, alla carenza di strumenti adeguati si configurano come forme di “ resistenza quotidiana”. Concreto senso del dovere, solidarietà, tenuta psicologica, fiducia nell’azione comune, queste caratteristiche ho rilevato nel loro operare.

I loro comportamenti mi sono sembrati molto simili, fatto salvo il diverso contesto, a quelli che caratterizzarono la lotta partigiana: la resistenza nei confronti di un nemico difficile da combattere, il rischio messo in conto come parte della lotta, la solidarietà verso i compagni, il richiamo a valori collettivi.

La mancata previsione della pandemia mi ha fatto riflettere sulla forza del caso o del destino (due modi antitetici per dare un nome alla ineluttabilità degli eventi).

I giovani partigiani che qui ricordiamo sapevano, astrattamente, che potevano esser uccisi, forse erano già stati vicini alla morte, ma non se l’aspettavano di finire la loro esistenza così, senza un’accusa precisa, senza un perché, senza un processo. La “banalità del male”, come ci ricorda Hannah Arend, mette nelle mani di piccoli uomini, nascosti dentro una divisa, il destino di altri uomini, di questi ragazzi, impiccati solo perché inquadrati nella categoria”nemici”. Analogie con il presente ce ne sono molte, basta cercarle; i giornali ed i telegiornali ne sono ben forniti.

Per questo serve la storia, per non dimenticare e per progettare, se ce la facciamo, un futuro migliore.

Il confronto, per somiglianze e differenze, tra presente e passato ci aiuta a capire che quanto accadde il 29 maggio 1944 può insegnarci ancora qualcosa, che quei morti impiccati ci parlano ancora. Sta noi scegliere di ascoltarli e di far vivere la libertà in nome della quale si sono sacrificati nella quotidianità delle nostre esistenze, pubbliche o private che siano.

Ed è quello che noi dell’Anpi cerchiamo di fare, soprattutto nei confronti dei giovani. La Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza è il nostro manuale. Vogliamo supportare la scuola nella sua azione formativa per far crescere ragazzi e ragazze consapevoli del valore della libertà (oggi è il 4 luglio, festa dell’indipendenza americana, coincidenza interessante…). Una libertà conquistata con tanto sangue e tante sofferenze che si è concretizzata in un sistema di regole nelle quali tutti dobbiamo  credere e  riconoscerci,  se vogliamo che la nostra sia una convivenza civile. La nostra Costituzione ci insegna come si fa.

 Premariacco,  4 luglio 2020