Orazione di Bianca Minigutti alla cerimonia di Reana del Rojale di sabato 15 agosto 2020


Oggi siamo qui, a commemorare, a onorare facendo memoria

Ma serve ancora la memoria? E se si, come farne una risorsa per la cultura del nostro presente? Quale nesso riusciamo a costruire tra la memoria e la cronaca, oggi drammatica, delle guerre e dei nazionalismi, delle stragi e delle migrazioni più o meno forzate?

La memoria è una risorsa preziosa, ma per fare educazione civile, la memoria deve diventare strumento di conoscenza del presente, e non solo del passato. E deve per forza coniugarsi con la conoscenza storica. Serve capire non solo quanto successe, ma soprattutto come e perchè successe, serve conoscere le vittime, ma serve anche riconoscere chi furono i carnefici, , o si rischia di perdere di vista le idee e le scelte, le responsabilità e i progetti, i luoghi e le situazioni, il qui e ora inciso su questa lapide.

La storia di Giancarlo Marzona “Piero” e Fortunato Delicato “Bologna”, partigiani della Divisione Osoppo parte da lontano. Qui muoiono, per aver scelto, e in base a quella scelta combattuto.

Piero e Bologna nasceranno nell’Italia fascista. Cresceranno in un regime caratterizzato dal culto del capo, dalla negazione della dinamica pubblica che definiamo “democrazia” e e da quella rapida e inesorabile soppressione delle libertà che lo trasformerà presto in dittatura. Gli italiani diventeranno, nella stragrande maggioranza, spettatori passivi e plaudenti di una scena che diviene culto. Non si sarà spazio per il dubbio, tutto verrà ridotto a slogan

Più importante della parola espressione di un pensiero sarà la parola gridata, amplificata. Per raggiungere le piazze, le folle, le menti con un messaggio che non richieda alcuna comprensione e elaborazione ma presenza e obbedienza.

Sarà una violenza retorica di massa che inevitabilmente diverrà violenza fisica. Sarà lo squadrismo come mentalità e come modalità di fare politica

Prepotenza e coercizione non colpiranno solo gli avversari politici, ma farà presto la sua comparsa la pratica discriminatoria, razzista, distruttiva contro le culture altre. I primi a farne le spese saranno gli sloveni di Trieste il 13 luglio 1920, quando fascisti e nazionalisti daranno l’assalto al Narodni Dom, la casa della cultura slovena. Sarà un crescendo, gli italiani che razzisti non erano in virtù del proprio scarso passato coloniale, apprenderanno presto. Saranno prima gli slavi, e tutte le popolazioni definite alloglotte, saranno poi gli africani, saranno infine gli ebrei, che verranno segnalati all’odio razziale proprio da Trieste, dove tutto aveva avuto inizio. Ricordiamolo quando ci consoliamo dicendoci che gli italiani non sono razzisti, magari non lo eravamo, ma quel tempo e quel regime ci hanno imposto di esserlo, non è tra le colpe minori del fascismo e forse rappresenta la sua più terribile eredità.

Arriverà infine la guerra, meta inevitabile e finale di quelle estreme propaggini dei nazionalismi che furono Fascismo e Nazismo. Arriveranno il 25 luglio e l’8 settembre. E all’Italia arriverà il conto, che tutti pagheranno.

Adriatisches Küstenland, Litorale Adriatico, il Friuli diventa terra occupata dalle truppe naziste, umiliazione per l’alleata Repubblica di Salò, morte, saccheggio, distruzione e terrore per le popolazioni occupate. Da qui passeranno i treni che deporteranno i nostri soldati e le donne friulane sfideranno tedeschi e fascisti per andare a raccogliere i messaggi lanciati dai vagoni blindati. Non dimenticheranno, saranno poi staffette partigiane, a molte toccherà salire su quei treni. L’intera regione sarà sottoposta alle ordinanze degli occupanti, non vi sarà altra legge. Ci tocca quanto era già toccato alla Polonia. Coprifuoco, arruolamento coatto, deportazioni,ammasso e sequestro dei raccolti e del bestiame.

Inizierà la rivolta, armata e disarmata. E il concetto di Patria perderà ogni significato retorico precedente, patriota sarà chi lotta per la Liberazione. Saranno giovani, saranno donne, saranno quelli che emigrando avevano conosciuto l’antifascismo, saranno quelli che torneranno dalle galere fasciste, saranno sacerdoti, saranno studenti, operai, contadini, saranno militari

Furono quasi due anni di passioni, di amori, di esperimenti di democrazia diretta, di strutture antiautoritarie, di faticosa e a volte incostante elaborazione dell’identità femminile ,venti mesi di fusione tra guerriglia, responsabilizzazione, amicizia. Affermare tutto questo non intende nascondere gli errori che attraversarono quei mesi, i litigi interni, le difficoltà di gestione della lotta, ma significa, una volta per tutte, impedire che degli episodi isolati siano ingigantiti e usati come prove contro il valore etico e politico del movimento resistenziale. E confutare il bieco revisionismo di chi vede in quel periodo una guerra civile tra parti ideologicamente e politicamente uguali, una sorta di carneficina dove fascisti e partigiani si ammazzavano a vicenda come in una battaglia tra bande. Svilire quel patrimonio ideale é non solo indegno nei confronti del passato, ma anche una perdita irreparabile per la società che vogliamo essere. L’Italia soffre spesso di smemoratezza, e l’evento-resistenza, con tutto il suo carico di idealità e sacrificio, in questo paese non fu per intero conservato e trasmesso come pratica attiva nel nuovo presente: per molti versi si tese a ridurlo allo stato di sporadico accadimento. Così non fu, fu invece risveglio di energie a lungo frustrate, fu riscoperta della distinzione tra un male passato e presente – il fascismo e l’invasore tedesco – e un bene da costruire giorno per giorno, fatto di nuove libertà, di autodeterminazione, di bellezza.

Questa fu la scelta di Piero e Bologna. Muoiono nell’Agosto del 1944, tedeschi e collaboratori fascisti della X Mas stanno spostando ingenti truppe nelle nostre zone. La scintilla della rivolta che si è accesa sul Ciaurlec nel Settembre del ’43 è divampata, ha percorso le vallate e valicato i passi. Il territorio ormai sotto controllo partigiano è sempre più ampio. Si progetta la Repubblica di Carnia. Tedeschi e fascisti della Decima Mas sposteranno qui 40.000 uomini con il compito preciso di annientare la Zona Libera e i suoi 6.000 partigiani, Garibaldini e Osovani . Sono il nemico, per affrontarlo si muore. Si preannuncia il terribile inverno del 1944. Vanno a fuoco stalle, casere, case, paesi interi. Ai corpi dei partigiani si nega sepoltura, servono da monito. La popolazione è terrorizzata. Servono munizioni, viveri, medicinali. Piero e Bologna provvedono, sono Intendenza, si assumono uno tra i compiti forse più rischiosi della guerra partigiana.

E’ un compito ineludibile, la prima linea per la difesa della Patria che sta in montagna nell’Agosto del ’44. Per quella Patria, embrione di quella futura che non vedranno, muoiono a Reana il 15 Agosto del 1944. Atri raccoglieranno il testimone, tra i tanti lo raccoglierà Cesare Marzona, fratello di Giancarlo, partigiano in Val D’Arzino. Alla fine l’intera Patria sarà liberata e ripudierà il fascismo. Per sempre, si pensò.

Duole, in questo agosto 2020, dover ancora constatare come il virus fascista non abbia mai smesso di mutare e adattarsi. Nazionalismi , xenofobia, razzismo, sufficienza morale, culto della forza, disposizione a sacrificare la libertà per l’autorità: non sono rischi connessi al ventennio, e non sono solo italiani, sono rischi che viviamo oggi, in questa fase calante e complessa della democrazia occidentale.

Nessuna civiltà viene distrutta senza essersi prima rovinata da sola, nessun impero viene conquistato dall’esterno, senza che precedentemente fosse già suicida” si scrisse nel 1946

La rovina che da soli oggi ci stiamo procurando, il suicidio che stiamo conducendo ancora una volta è il prodotto dell’ignoranza.

Ci sono momenti nella storia in cui si innesca un processo di disgregazione culturale che sfocia in un conseguente cinismo etico e morale che distrugge la convivenza civile e spalanca le porte di nuovo a conseguenze tragiche peraltro già vissute, conosciute e magari anche condannate. Si perde la consapevolezza di sé come uomo, il riconoscimento dell’altro da sé giustificato da pretese superiorità e primazie, la ricchezza del dialogo additato come debolezza. Si negano i diritti inalienabili di ogni persona additandoli come privilegi, si svilisce la solidarietà in stupido buonismo, si irride la conoscenza e la preparazione esaltando la mediocrità.

Si giunge così ad invocare i forni crematori per i migranti, si possono invitare i camerati a partite di caccia le cui prede saranno quanti scappano dai lager nei quali vengono rinchiusi, si mostra fieramente il petto per sembrare più cattivo dei cattivi, affermando in sede istituzionale “fosse per me, gli sparerei”. Con poche e scarse conseguenze per cotanti galantuomini, alla fin fine, in un sentire comune spaventosamente in crescita, stanno riferendosi a sottouomini, i nostri untermenschen. Il messaggio è passato, dal noi siamo passati al noi e loro, ed ora, passo dopo passo, siamo già al noi o loro.

E ancora, in questo Agosto 2020, duole sottolineare come si rivelino almeno miopi e ignoranti della Storia coloro che fanno finta di non vedere, oppure minimizzano, i molteplici esempi di reviviscenza del fascismo e del collegato razzismo che la cronaca ci presenta con cadenza ormai quasi quotidiana.

Ma c’è di più e di peggio.

Come si possono isolare i fascisti del terzo millennio, condannare con fermezza atti come l’occupazione del Consiglio Regionale a Trieste quando il linguaggio di CasaPound è lo stesso di esponenti di forze politiche che si accreditano al governo delle istituzioni?. Con questa “continuità di significati” alcune forze dichiaratamente fasciste hanno guadagnato negli anni una maggiore accettabilità e agibilità politica e mediatica accompagnata da una “banalizzazione crescente delle forme concrete di razzismo e fascismo”. Troppi sono quanti inseguono l’elettorato sparando al ribasso, svendendo i valori europei e democratici perché costano troppo in​ punti percentuale. Di più, elevando i social a strumento politico, si è instaurato un sistema di giustificazione incondizionata delle opinioni: tutto viene automaticamente concesso in considerazione della mera libertà di espressione. Qualsiasi filtro morale, politico e intellettuale viene annullato e quindi tutto diventa ugualmente vero, giusto o ammissibile.

L’acquiescenza , non consentita né legittima, verso fascismi e nazismi vecchi e nuovi passa del resto anche nel sostenere l’insignificanza dei simboli, passa nel reiterato tentativo di trasformare il 25 Aprile in giorno della riconciliazione nazionale nel quale far scomparire l’abissale differenza e l’incompatibilità morale tra i partigiani e i repubblichini. Passa nell’accettare che a fascisti si intitolino piazze e monumenti,, passa nel concedere spazi pubblici a forze che nella Costituzione della Repubblica Italiana, di fatto, non si riconoscono se non per rivendicare diritti che ad altri volentieri negherebbero appena gli fosse consentito.

E’ un livello che si alza continuamente, un sempre nuovo confine che viene spostato, ignorare e sottovalutare non è più possibile senza conseguenze per la vita democratica.

Tanto più forte appare, davanti a questa lapide, un richiamo che totalmente condivido:

Ormai si impone improcrastinabile una rivolta morale, una rivolta delle coscienze che imponga a forze politiche sempre meno disposte a riconoscersi nella Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza antifascista il dovere di tornare alla radice storica della legittimità delle nostre istituzioni, costituita appunto dal fatto storico – la Grundnorm – della Resistenza e dal conseguente dovere di far applicare rigorosamente la legge che impedisce ogni ripresa in ogni forma della presenza fascista in Italia.

Reana del Rojale – 15 Agosto 2020