Nelle prime ore del 23 febbraio è morto all’Ospedale civile di Udine Luciano Rapotez, dirigente dell’ANPI regionale e provinciale, ai quali ha dedicato tanti anni della sua vita con una presenza e un impegno esemplari. Da mesi era sofferente di una grave malattia che l’aveva costretto all’immobilità; gli sono stati accanto la moglie Tina, il figlio Stelio e i numerosi amici e compagni dell’ANPI con i quali fino alla fine ha discusso dell’attività dell’Associazione, della situazione politica e della sua intensa vita.
Le esequie in forma laica avranno luogo alle ore 12,00 di mercoledì 25 febbraio 2015 presso le celle mortuarie dell’Ospedale di Udine in Via Chiusaforte.
Udine, 23 febbraio 2015
L’ufficio stampa
Era nato a Muggia il 19 aprile 1920. Dopo aver frequentato l’Istituto tecnico superiore, entrò nel mondo del lavoro come tornitore meccanico. Contemporaneamente prendeva contatti con le organizzazioni clandestine di antifascisti presenti nella sua cittadina e nel 1936 fu accolto in seno al Partito Comunista d’Italia.
Chiamato alle armi, fu arruolato in Marina. L’otto settembre 1943 lo colse nella base militare di La Spezia. Come tanti altri soldati italiani in quel frangente, intraprese l’avventuroso ritorno a casa, quindi, per evitare i bandi di chiamata alle armi del Gauleiter Rainer, si rifugiò insieme a tanti altri giovani, sul Carso. Quando, su iniziativa del partito comunista triestino, a metà settembre ’43 nacque la prima brigata “Triestina”, a cui affluirono numerosi muggesani, istriani e militari sbandati, non esitò ad arruolarsi, passando poi, dopo il rastrellamento dell’autunno che praticamente distrusse la formazione, nel battaglione “Triestino”, guidato da uomini di grande valore come Ferdinando Marega, Vinicio Fontanot, Riccardo Giacuzzo.
Nel dopoguerra, continuò la sua attività nelle organizzazioni antifasciste, affrontando i tempi complicati del Governo militare alleato.
Il ritorno di quelle zone all’Italia non portò grandi benefici a chi aveva fatto come scelta di vita quella dell’antifascismo. L’Italia e l’Europa erano sotto la cappa della guerra fredda e del più sfrenato anticomunismo. In questo contesto, Luciano Rapotez fu coinvolto in una vicenda che segnerà la sua vita. Arrestato nel gennaio 1955 dalla polizia italiana con l’accusa di rapina e omicidio, fu torturato per giorni interi affinché confessasse: e le torture indicibili lo portarono a confessare ciò che non aveva commesso, come dimostrò la conclusione del processo: “assolto per non aver commesso il fatto”, dopo una detenzione preventiva di 34 mesi, che gli costarono la perdita del lavoro e la distruzione della famiglia. Questo trauma lo segnò per sempre e determinò la sua instancabile lotta contro l’arma vergognosa della tortura, che ancora nel nostro ordinamento non è perseguita come dovrebbe. Questa lotta senza quartiere e (come purtroppo succede in tante sacrosante lotte intraprese nel nostro Paese) “donchisciottesca”, fu largamente conosciuta dall’opinione pubblica come il “caso Rapotez”, raccontato in libri e filmati.
Dopo la scarcerazione, Luciano Rapotez fu costretto a prendere la via dell’emigrazione in Germania dove restò fino al 1986.
Rientrò in Italia da pensionato. A Udine, città di origine della sua seconda moglie, subito si impegnò nell’ANPI, di cui divenne Segretario Provinciale nel 1987, carica che ricoprì ancora nel Comitato Regionale.
Luciano Rapotez in tutti questi anni è stato il più stretto collaboratore di Federico Vincenti e ha promosso e partecipato a centinaia di iniziative, incontri, convegni, manifestazioni della Resistenza.
A questo ha unito un personale e sentito impegno civile, affinché fosse inclusa nel codice penale italiano la previsione e la sanzione del reato di tortura. Questa battaglia lo ha portato a collaborare con personalità come Moni Ovadia, Gherardo Colombo, Gian Antonio Stella, che ne ha parlato nei suoi editoriali sul “Corriere della Sera”.
Comunicato stampa del Comune di Udine:
La notizia della morte del dirigente dell’Anpi regionale e provinciale arrivata stamani a palazzo D’Aronco
IL CORDOGLIO DEL COMUNE PER LA SCOMPARSA DEL PARTIGIANO RAPOTEZ
Honsell: “Ha saputo portare la voce e l’impegno dell’antifascismo e dei valori repubblicani di libertà e democrazia”
Pirone: “Ci mancherà il suo impegno nell’Anpi e il 70° della Liberazione senza di lui sarà purtroppo un 70° più povero”
“Sono profondamente addolorato, come tantissimi altri cittadini di Udine per la scomparsa di una figura di altissimo impegno civile e antifascista. Una figura esemplare della nostra città che nell’arco di tutta la sua vita ha sempre manifestato il proprio impegno per la Libertà, sia da giovane, quando entrò nell’antifascismo durante la Guerra di Liberazione, sia anche successivamente come dirigente dell’Anpi”.
Così il sindaco di Udine, Furio Honsell non appena appresa la notizia della scomparsa, nella notte di oggi, 23 febbraio, del partigiano Luciano Rapotez, dirigente dell’Anpi regionale e provinciale, ai quali ha dedicato tanti anni della sua vita con una presenza e un impegno esemplari.
“Rapotez – prosegue il sindaco – ha saputo portare la voce e l’impegno dell’antifascismo e dei valori repubblicani di libertà e democrazia. Tutti noi ricordiamo la sua capacità nel rendere partecipi i cittadini del debito di riconoscenza che abbiamo nei confronti dei partigiani, ma anche del bisogno di mantenere vivo l’impegno civile in ogni epoca. Ci lascia una personalità di altissimo spessore umano nonché politico e che ci mancherà profondamente. Le mie più sentite condoglianze – conclude il sindaco – alla moglie Tina, al figlio Stellio e ai numerosi amici e compagni dell’Anpi”.
Anche l’assessore comunale alla Cultura, Federico Pirone, commenta con commozione la scomparsa di Rapotez. “Lo ricordiamo – dichiara – per il suo grande contributo civile, politico e culturale contro ogni tipo di ingiustizia, nonché come un vero protagonista dell’antifascismo nel segno della costituzione. Lui che ha vissuto sulla sua pelle la battaglia contro la tortura, con la sua voce lucida e sempre instancabile è stato testimone attento a contrastare sempre ogni forma di ingiustizia. Ci mancherà il suo impegno nell’Anpi – conclude – e il settantesimo della Liberazione senza di lui sarà purtroppo un settantesimo più povero”.