Appello per una comune azione di coscienza civile nello spirito della Costituzione


Assistiamo ad un susseguirsi sempre più incalzante, a livello locale e nazionale, di fatti ed affermazioni in campo politico ed atteggiamenti culturali nella società che vanno seriamente considerati. Il collocarsi oggettivo delle forze di governo su posizioni antieuropee in connivenza con regimi e forze politiche illiberali di altri Paesi, il clima di continua sfida ai principi costituzionali in politica interna, le censure esercitate da ruoli istituzionali nei confronti della cultura e delle manifestazioni ispirate a principi di giustizia ed umanità universali quandanche non coincidenti con gli indirizzi della maggioranza di governo, sono giunti ad un punto inaccettabile per la storia della Democrazia Italiana. E’ necessaria ed urgente una presa di posizione del mondo della cultura, della scuola, del lavoro, di tutte le forze che operano nel sociale che hanno come riferimento la nostra Costituzione, per rivendicare l’attuazione dei dettami e dello spirito costituzionale mettendo in campo una resistenza civile contro i tentativi, ormai quotidiani, di portare il Paese lontano dalla cultura civile e politica nata nella fase della sua ricostruzione morale ed istituzionale dopo la fine del fascismo. Non è sufficiente l’azione politica, né da quella soltanto si può attendere una correzione di rotta: la debolezza strutturale dei partiti, svuotati in questi anni della funzione che la Costituzione loro assegnava, richiede che si mettano in campo anche le forze sociali, i soggetti che svolgono i ruoli di intermediazione previsti dalla Costituzione, gli uomini e le donne che sentono la responsabilità di dover dare sostanza a questa democrazia in nome della comune cittadinanza e coscienza civile.

L’ANPI non si rivolge quindi solo alle forze politiche che hanno come riferimento i valori della Costituzione, ma ritiene necessaria una iniziativa tra tutti i soggetti della vita sociale del Paese, prima che i semi riattivati del fascismo strisciante e del nazionalismo antieuropeo, come ha detto il prof. Pupo in questi giorni, conducano a situazioni critiche difficilmente reversibili se non con un alto prezzo per la società civile e per la democrazia, nel Paese ed in Europa.

Sono numerose le adesioni all’appello che stanno arrivando all’ANPI Provinciale di Udine da parte di associazioni, enti ed esponenti del mondo politico e culturale del nostro territorio. I primi ad aderire sono stati:

Centro di Accoglienza “Ernesto Balducci”

CST UIL di Udine e provincia

CGIL Udine

Donne in nero di Udine

Lbera Udine

Circolo Libertà e Giustizia di Udine

ANED Udine

ARCI Comitato Territoriale di Udine e Pordenone,

CISL Provinciale di Udine

Angelo Floramo scrittore e insegnante

SILVANA FACHIN SCHIAVI, già docente di Didattica delle Lingue Moderne  dell’Università di Udine

FRANCESCO MARIA SCHIAVI, già neurochirurgo presso l’Ospedale Civile di Udine

Associazione Culturale “Al Plurale”

Articolo UNO – Movimento Democratico e Progressista del FVG

Mauro Cedarmas e Paolo Pegorer per Articolo UNO – Movimento Democratico e Progressista del FVG

Partito Democratico di Pasian di Prato

Enza Di Giusto Segretaria PD Pasian di Prato

Carlo Danzi

Mirella Del Negro Anpi Martignacco

L’elenco degli aderenti è in costante aggiornamento: per aderire scrivere ad anpiudine@gmail.com

Aggiungiamo anche l’articolo uscito in luglio sul Messaggero Veneto del professor Angelo Floramo:

Ma cosa avrà mai detto Haris Pašović di così tanto sconvolgente? Che i ponti sono meglio dei muri? E che cosa ci si poteva aspettare da uno come lui? La Sarajevo in cui è cresciuto è sempre stata un ponte. Una città ponte, le cui campate si protendevano sul bordo delle lingue, delle religioni, degli accenti, e li mescolavano insieme in meravigliose cromie. Beh, nell’ultima guerra dei Balkani gli uomini dei muri hanno deciso che quel ponte doveva finalmente cadere, perché la diceva lunga su come gli esseri umani possono anche incontrarsi, a prescindere dalla loro fede, dalla lingua che parlano, dal colore delle loro iridi, o dalle idee che nutrono sotto i loro cappelli. Pericolosa, la metafora del ponte, per chi crede invece che il mondo debba essere un sistema ordinato, un di qua e un di là dal fiume, su sponde che proprio in quanto tali si dicono rivali. E allora “bum”. Proprio come quell’altro ponte, a Mostar, che gli abitanti chiamavano famigliarmente lo “Stari”, il vecchio. E ancor prima, decenni prima, durante la guerra scoppiata proprio a Sarajevo nel 1914 ne era venuto giù un altro ancora, quello lunghissimo sulla Drina, cantato da Ivo Andrić in un indimenticabile romanzo. Così la città di Haris venne assediata: dal 5 aprile del 1992 al 29 febbraio del 1996 gli uomini dei muri, dall’alto delle loro postazioni, spararono sulle donne, sui vecchi, sui bambini e su tutti quegli altri uomini che per destino o per amore avevano intrecciato le loro vite tra le strade di quel ponte. Si sa, gli uomini dei muri odiano anche i libri. Forse perché ne leggono pochi o leggendoli non li comprendono bene. Per questo bruciano le biblioteche, che a modo loro sono intimamente, squisitamente ponti, dal momento che sui loro scaffali respirano insieme tutti gli autori del mondo. E anche per questo gli uomini dei muri hanno voluto che la Viječnica, la ricchissima biblioteca di Sarajevo, bruciasse durante l’assedio. Proprio come nel 1938, nella Germania di Hitler,andarono in fiamme biblioteche a centinaia: roghi di libri che si accesero ad illuminare la notte della Storia. Accade da Alessandria d’Egitto in poi. Pašović durante l’assedio della sua città non ha mai smesso di fondare pilastri perché il suo ponte non crollasse del tutto: organizzava letture, concerti, incontri, spettacoli teatrali. Temendo la morte del libero pensiero molto di più delle pallottole dei cecchini. Così contribuì assieme a tanti altri a salvare l’umano nella disumanità della guerra. E ora, da Direttore del Mittelfest, dovrebbe parlar male proprio dei ponti? O tacere sul fatto che li preferisca decisamente ai muri? Perché mai? E’ questa la sua missione, per la quale viene anche profumatamente pagato, come è stato sottolineato. E’ lì per infrangere barriere, per aprire varchi, per tendere fili che si intreccino ad altri fili. Lo ha detto a Cividale, che poi è anche Cividât per i friulani e Čedad per gli sloveni: tanti nomi, tante lingue, strati millenari di culture diverse sedimentatesi nei secoli. Già, Cividale: la Civitas per eccellenza, perfino nella sua origine toponomastica. E la città del Ponte, per di più, cuore di quel Forum Iulii che diede il nome alla nostra Regione. Bisognerebbe ricordare agli uomini dei muri, che oggi la guidano, questa nostra terra da sempre ponte tra il Nord e il Sud, l’Europa e il Mediterraneo, intersezione tra Baltico, Adriatico e Mar Nero, bisognerebbe ricordare dicevo che un Forum non è altro che una piazza.E una piazza è il centro della Polis, quello spazio plurale, meticcio, intersecato, in cui è nata la Democrazia come oggi noi la concepiamo.