Figlio della guerra
di Lucia Fullin, Scatole Parlanti 2025.
Dialoga con l’autrice la giornalista Valentina Viviani, saluto iniziale di Nadia Mazzer (ANPI Udine)
Riavvolgiamo il gomitolo rosso della memoria. Siamo nel 1945, e guardiamo dentro le finestre di una casa di campagna avvolta dai vigneti: Beppe è un bambino dolce e curioso, innamorato dei fratelli maggiori e della madre Lucia, alla quale è legato da un rapporto di simbiosi e reciproco attaccamento. Lucia, spinta dall’amore materno, compie quotidianamente sacrifici per proteggerlo dal dolore che lo circonda e dalla disgregazione della famiglia a cui appartiene, assorbendo la sofferenza anche per lui.
Attorno a Beppe, il mondo è segnato da aerei che sorvolano il cielo, asini rubati, razzie e imboscate ma, ai suoi occhi dolci, luccica solo la bellezza della madre e il legame con i fratelli Carlìn, Rita e il fragile Giovanni. Tuttavia, il prezzo da pagare per ogni bugia è sempre più caro, e alla fine un momento di distrazione di Lucia pianta nel cuore di Beppe il seme del dubbio: per la prima volta, si chiederà cosa stia succedendo intorno a lui, e sarà costretto a confrontarsi con un mondo che non può più ignorare.
Lucia Fullin, udinese, laureata in economia con lode all’Università Bocconi, ha vissuto in sette città diverse negli ultimi sette anni, di cui tre all’estero. Nel 2024 sceglie di tornare alle sue radici per dedicarsi al suo territorio. Oltre alla scrittura, cura ‘Respira’, un podcast di meditazione, e coltiva la passione per le arti circensi. ‘Figlio della guerra’ è il suo primo romanzo, ispirato alla storia vera di Beppe che, pur essendo il nonno del suo compagno, è un po’ il nonno di tutti noi: memoria intima e resistenza racchiuse in un racconto che appartiene a tutti.
Il libro è finalista al concorso Ineditopic 2025