Virginia Tonelli “Luisa”


Nata a Castelnovo del Friuli nel novembre del 1903.

La sua era una famiglia povera ma ricca di figli: Virginia infatti aveva quattro sorelle e due fratelli. Il padre manteneva tutti lavorando come muratore; ma quando nel ’15 morì di tifo, la vita diventò una lotta quotidiana per la sopravvivenza: il piccolo orto, lavori saltuari, come lavare i panni sporchi delle famiglie più benestanti, andare a servizio nelle case.

Castelnovo era allora un paese con poco più di tremila abitanti, nella pedemontana pordenonese, non lontano dal Tagliamento; ma certamente non difettava di carattere, stando all’alto numero di antifascisti a cui dette i natali: in dieci addirittura combatterono

nelle brigate internazionali durante la guerra civile spagnola, e due vi persero la vita; e altri giovani furono arrestati per “attività sediziosa” e giudicati dal tribunale speciale insieme ai compagni di Spilimbergo in un grosso processo che si svolse nel ’34.

Tra questi ultimi c’erano i compagni d’infanzia di Virginia, che in quell’ambiente stava maturando il suo destino di rivoluzionaria di professione.

Proprio l’arresto di tanti amici convinse la donna che era più saggio cambiare aria, e nel ’34 emigrò in Francia. Aveva 31 anni, una salute cagionevole, dato che un rene le era stato asportato e l’altro funzionava non tanto bene, ma un carattere di ferro.

Si stabilì a Tolone e visse in un piccolo appartamento lavorando qua e là come donna di servizio. Si sposò anche, con un emigrante veneto con cui convisse pochissimo: allo scoppio della guerra civile spagnola, lui andò a combattere per la repubblica, fu ferito, quindi estradato in Italia e imprigionato. Uscito alla caduta del fascismo, preferì tornare al suo paese: forse ne aveva già viste troppe.

Virginia frattanto aveva stretto contatti con il centro estero del partito comunista italiano e il suo appartamentino divenne un posto sicuro di transito per i dirigenti che andavano in Spagna o rientravano clandestinamente in Italia. Vi furono ospitati, tra gli altri, Giorgio Amendola, Emilio Sereni, Giuseppe Dozza, Stefano Schiapparelli, e, insieme alla moglie Claudine, Giancarlo Paletta.

Alla fine del ’42, il partito comunista le ordinò di rientrare nel suo paese: le cose cominciavano ad andare male per le forze dell’Asse e, nell’alleanza, l’Italia era l’anello debole e già nell’aria si sentiva che qualche cosa stava per succedere. Il suo compito era di organizzare, di prepararsi ad ogni evenienza. E lei si diede da fare. Il 14 giugno 1943 guidava una manifestazione di protesta per la mancata consegna delle tessere annonarie, senza le quali i poveri non mangiavano; ma fu arrestata e incarcerata. La caduta del fascismo (25 luglio 1943) le evitò il processo.

E poi entrò nella resistenza con il nome di copertura di “Luisa”, e fu una dirigente delle donne e una preziosa persona di fiducia per i viaggi e i contatti più rischiosi.

Arrestata a Trieste il 18 settembre 1944, scomparve nella Risiera di San Sabba. Alla sua memoria fu decretata la medaglia d’oro. Nel suo paese una lapide la ricorda con una bella iscrizione dettata dal poeta Tito Maniacco:

“In memoria di coloro che non piegarono / e di Virginia Tonelli “Luisa” / che quando la terra era sotto il piede nazista e fascista / oscura parlò, convinse, lottò. / Catturata trasformò in silenzio l’odio del popolo / e in silenzio morì alla Risiera di San Sabba. / O tu che passi per il tuo pacifico lavoro / ricordati di ricordare”.