Orazione di Sara Rosso alla cerimonia in cimitero di Udine – 8 febbraio 2020


Ci troviamo qui oggi per ricordare i 23 partigiani osovani e garibaldini brutalmente fucilati dai nazifascisti l’11 febbraio 1945. 11 febbraio 1945 a pochissimi mesi dalla Liberazione di Udine avvenuta per mano dei partigiani il 1 maggio.

E’ incredibile come alle volte la sorte ami giocare con le date e con le coincidenze. Proprio 28 anni prima, 11 febbraio 1917, Antonio Gramsci pubblicava su “La città futura” il suo illustre discorso “Odio gli indifferenti”.

Impossibile, quindi, che questa mia orazione di oggi, non possa intrecciarsi con quelle incancellabili parole di straordinario valore politico e civile.

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano”.

La mente, allora, corre immediatamente a quel 7 febbraio 1945 e a quel gruppo di coraggiosi cittadini e partigiani: sono le ore 19:00 quando un disertore caucasico, si finge capitano nazista e bussa alle carceri udinesi di via Spalato, accompagnato da finti prigionieri.

Come riportato nei documenti degli archivi dell’ANPI, tutto avviene come in un film, tutto avviene in rapida sequenza: si apre il portone; entrano i finti prigionieri, aprono un primo cancello, un secondo; puntano i mitra sui carcerieri, intimando loro di aprire le celle. Due guardie si ribellano: vengono abbattute con una raffica.

I liberati dalle carceri di via Spalato sono quasi tutti partigiani. Tra spari, sirene e latrare di cani, la folla dei liberati esce con i liberatori.

Per vile rappresaglia, 4 giorni dopo, 23 partigiani sono condotti fuori dal cimitero di Udine e vengono fucilati contro il muro. 23 uomini, 23 cittadini.

L’azione, chiaramente, ebbe eco anche in contesti internazionali; risultò clamorosa per la risonanza e per il significato militare e politico, dopotutto come avrebbe potuto essere diversamente?

L’11 febbraio 1917, Gramsci scriveva: l’indifferenza è il peso morto della storia. Opera passivamente, ma opera. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; sembra allora che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente.

Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?

Il 7 febbraio 1945, 28 anni dopo, un gruppo di partigiani, non ha di certo piagnucolato pietosamente o bestemmiato oscenamente, lasciandosi trasportare da fatti condotti e decisi da pochi; il 7 febbraio 1945 un gruppo di partigiani ha agito portando a termine il proprio difficile dovere, facendo valere la propria volontà in un atto di pura vita e libertà, esattamente come, in precedenza avevano fatto in altre situazioni i loro compagni che solo qualche giorno dopo morirono fucilati qui su queste mura.

Proprio per questo, a mio avviso, è necessario che proprio davanti a queste lapidi ricordiamo una volta in più quanto sia importante, vitale e fondamentale non rimanere mai indifferenti e quanto sia importante, vitale e fondamentale, per quanto possa essere difficile, prendere sempre e comunque parte, compiere sempre e comunque una scelta, cercare di agire. Questo è il nostro dovere civile.

In questi ultimi anni continuiamo ad assistere ad un aumento esponenziale di singoli episodi razzisti, xenofobi e fascisti e io, ho la terribile sensazione, che tutto ciò avvenga e sia immerso in una generale e sempre più crescente spaventosa indifferenza generale. Atroci atti vandalici, sempre più spesso vengono etichettati da troppi come trascurabili goliardate; infami dichiarazioni di alcuni politici e personaggi dello spettacolo passano inosservati o passati sotto traccia e noi, di fronte a tutto questo non possiamo e non dobbiamo rimanere indifferenti.

Noi non dobbiamo e non possiamo rimanere indifferenti rispetto alla agghiacciante scritta “Juden hier” comparsa sulla casa della partigiana deportata a Ravensbruck nel 1944 assieme ai messaggi antisemiti rinvenuti sull’abitazione di una nostra corregionale deportata ad Auschwitz.

Allo stesso modo noi non dobbiamo e non possiamo rimanere indifferenti rispetto alle condizioni e alle sorti dei nostri fratelli migranti rinchiusi nel CPR di Gradisca a soli 35 chilometri di distanza da questo cimitero.

Dentro questa gabbia di Stato, poche settimane fa un uomo è morto in circostanze sospette, altri hanno tentato il suicidio, altri la fuga. In molti, all’interno, si sono organizzati in rivolte a causa delle condizioni disumane in cui sono costretti a vivere.

Hanno bisogno del nostro aiuto e noi non dobbiamo e non possiamo voltare loro le spalle rimanendo indifferenti.

Noi non possiamo non ascoltare e assecondare quelle urla strazianti di aiuto che provengono da quelle gelide mura.

Allo stesso modo non possiamo e non dobbiamo rimanere indifferenti rispetto alle donne che continuano ad essere brutalmente uccise in Italia.

Le vittime di questa barbarie sono così numerose che trovare simili notizie fra i titoli dei giornali non rappresenta più un evento da evidenziare ma piuttosto una noiosa routine.

L’indifferenza a questo massacro quasi tutto italiano, a questo punto, è il rischio peggiore. Qualche giorno fa abbiamo contato l’ennesima vittima. Una ogni tre giorni. Spesso uccise in casa. Spesso uccide da persone che avevano amato. E allora vi dico, guardatevi, guardate le prime tre donne che sono attorno a voi o davanti a voi e siate certi che quasi sicuramente una di queste tre donne, nel corso della sua vita, ha subito, sta subendo o subirà una qualche forma di violenza da parte di un uomo. Riuscite a rimanere indifferenti?

L’indifferenza, poi, diventa ancora più pericolosa quando va a braccetto con un’altra grande carogna che si sta perciolosmanete diffondendo nel nostro tempo: la cancellazione e la distorsione della memoria sia questa volontaria o dettata da imperdonabile ignoranza.

E’ così che, nella stessa settimana in cui un altro grande testimone della nostra storia resistente, Annibale Tosolini, nome di battaglia Ulianof, scompare, alcuni consiliari regionali hanno firmato, proprio nel nostro amato e civile Friuli Venezia Giulia, un emendamento indegno che chiedeva, per motivi di unità, la rimozione del valore dell’antifascismo dal testo della mozione che intendeva esprimere vicinanza e solidarietà alla Senatrice Liliana Segre.

Noi non solo non dobbiamo e non possiamo rimanere indifferenti ma dobbiamo anche riconoscere  che è giunto il momento di chiamare le cose con il loro nome: fin da piccola mi hanno insegnato che esistono solo due alternative: o si è fascisti o si è antifascisti. Tertium non datur. Qualcuno dovrebbe avvisare questi consiglieri regionali.

E’ così che, sempre nella stessa settimana in cui un altro grande testimone della nostra storia, Annibale Tosolini, partigiano della Divisione Natisone, scompare assistiamo a semplicistiche e pericolose dichiarazioni di alcuni amministratori locali che si dilettano a mettere in dubbio l’importante ruolo della Resistenza nel processo di Liberazione della città di Udine.

Sono sempre più convinta, allora, che non solo non dobbiamo rimanere indifferenti, ma a questo punto, non possiamo nemmeno concederci il lusso di farlo. Considerati i colpi ignoranti e meschini che stiamo ricevendo tutti i giorni è nostro impegno morale e dovere civile continuare a tramandare i valori della resistenza, continuare a tramandare cosa voglia dire essere partigiani e partigiane, continuare a tramandare cosa significhi prendere parte, scegliere ed agire, soprattutto considerato il fatto che i ricordi si stanno affievolendo a causa dello spietato e inesorabile passaggio del tempo e a causa dell’età dei loro testimoni primi.

E se il 7 febbraio 1945, in 22 assaltavano le carceri liberando altrettanti partigiani e se l’11 febbraio 1945, 23 uomini stavano in piedi davanti a queste mura, pronti a morire per la libertà, è or di iniziare a chiederci cosa possiamo fare noi per continuare a dar vita a quel sogno di democrazia per cui parte di questi ragazzi hanno dato la vita.

E in questo sogno di democrazia, la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente e consapevole opera dei cittadini e delle cittadine.

In questo sogno di democrazia, non c’è nessuno e nessuna che stia alla finestra a guardare mentre i pochi e le poche si sacrificano, si svenano.

“Viviamo, siamo partigiano. Perciò odiamo chi non parteggia, odiamo chi non sceglie odiamo gli indifferenti”.

Antifascista per costituzione

Ora e sempre Resistenza.