Discorso di Caterina Vignaduzzo alla cerimonia di Borgo Villata 24 aprile 2017


Borgo Villalta. Protestare e curare. 

Come ogni anno, alla vigilia del 25 aprile, ricordiamo i caduti di Borgo Villalta a Udine, morti nella Lotta di Liberazione. Come ogni anno, mi chiedo se abbia senso farlo ancora, ma trovo sempre almeno due validi motivi, che stavolta ho l’onore di condividere con tutti voi. Il primo è questo. Ha senso ripercorrere le vite degli uomini e delle donne della Resistenza perché c’è ancora bisogno di essere antifascisti. Viviamo in un mondo dove la guerra è una realtà quotidiana per milioni di persone e dove a rimetterci sono sempre, ancora, i deboli, gli ultimi. In sei anni di guerra in Siria sono morti circa mezzo milione di persone, tante quante le vittime della Seconda Guerra Mondiale in Italia. Ogni giorno, migliaia di persone sono ingiustamente obbligate a lasciare tutto e andarsene dai posti dove hanno sempre vissuto. Affrontano viaggi traumatici per trovare un luogo dove poter semplicemente condurre un’esistenza. In tutto ciò abbiamo un Governo che, invece di adoperarsi insieme agli altri stati europei per trovare delle soluzioni durature ai conflitti e organizzare l’accoglienza di questa gente in maniera efficace, non trova di meglio che assorbire la propaganda razzista, promulgando provvedimenti vergognosi contro profughi e richiedenti asilo.

E’ il caso del decreti del Ministro dell’Interno Minniti e del Ministro della Giustizia Orlando, che hanno talmente tanti profili di incostituzionalità che non si sa dove mettere le mani. Per fare un esempio, per le richieste di asilo viene abolito l’appello, cioè un grado di giudizio, a scapito totale del principio del giusto processo. Cioè un uomo o una donna che hanno risalito l’Africa, subito violenze in Libia, attraversato il mare su un barcone e sono riusciti a sopravvivere, avranno meno diritti di un cittadino che ha preso una multa per divieto di sosta, che può continuare a contare su tre gradi di giudizio. Si tratta di una ferita gravissima allo stato di diritto che diventa un precedente per nulla rassicurante: oggi tocca agli immigrati, domani magari ai lavoratori, ai poveri o agli oppositori. Conosciamo questa classe politica, che non rappresenta di sicuro i disoccupati, i lavoratori precari, i giovani che hanno finito di studiare ma non trovano lavoro, i pensionati poveri. Non cadiamo nel vecchio vizio della guerra tra poveri. Ognuno di noi si salva solo se ci salviamo tutti insieme. In questo contesto c’è bisogno di continuare a spendersi per le stesse cose per cui si sono battuti i partigiani: perché le persone abbiano una vita libera e dignitosa, perché ci sia giustizia a questo mondo e nessuno sia discriminato; bisogna opporsi alla violenza sui deboli e alla repressione di chi è diverso, ricordandoci che siamo tutti uguali; dobbiamo darci da fare per aiutarci gli uni con gli altri, e per vivere in pace. Non ce lo ricordiamo mai, ma di fronte ai commenti e alle conversazioni di ogni giorno, in osteria, al supermercato o su Facebook, sarebbe il caso di chiarire che la solidarietà non è un’opzione, ma un dovere sancito dalla Costituzione, addirittura all’Art. 2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo […] e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

Il secondo motivo per cui credo che abbia ancora senso ricordare la Resistenza è di ordine esistenziale: è una boccata d’ossigeno sapere che sono esistiti ribelli (come amavano chiamarsi i partigiani) che hanno detto di no e hanno scelto di battere una strada impopolare, difficile e pericolosa, ma giusta. È  fondamentale insegnare la Resistenza nelle scuole perché i bambini devono crescere con l’idea che si è liberi di avere un’opinione, che nessuno può imporre agli altri cosa pensare e cosa essere e, soprattutto, che le cose non devono andare come sono sempre andate, ma si può costruire un’alternativa migliore! I ragazzi che vengono sfruttati con tirocini vergognosi, sottopagati o fatti lavorare gratis come nuovi schiavi, possono imparare una cosa antichissima eppure sempre efficace: cioè protestare, per non accettare le umiliazioni. 

“Agitatevi, organizzatevi, studiate” ci disse Antonio Gramsci. Studiare significa approfondire le questioni, avere una visione del mondo e progettare, tutte cose di cui i nostri politici non sono capaci. Quindi, fasìn di bessôi. Nel senso che tocca ad ognuno di noi avere cura del mondo, a partire dal nostro Friuli. Si può costruire un’economia fondata sul bene comune e sul rispetto del territorio, che dia benessere a tutti e non solo a pochi, che sono sempre i soliti; si può costruire una realtà fraterna in tutti i suoi ambiti, che sia femminista; si può costruire un paese inclusivo, in cui tutti trovino il loro posto. La democrazia non è il luogo dove governa la maggioranza, ci hanno raccontato una bugia. Per quello basta una dittatura, che la maggior parte delle volte gode di un appoggio larghissimo e il fascismo ce lo insegna. La democrazia è il luogo dove le minoranze sono rispettate e partecipano alle decisioni, è questa la cosa rivoluzionaria. E non per niente la nostra Costituzione ce lo ricorda più volte. Ecco. I partigiani si sono presi cura del mondo e di noi che non eravamo ancora nati, passando per la fame, le torture e la morte, ma resistendo, sempre.

I ventidue caduti di Borgo Villaltae la partigiana Gianna venivano da un quartiere popolare di operai e artigiani, che ha dato tantissimo alla Resistenza. Le loro vite sembrano un riassunto dei destini dei partigiani friulani caduti sotto l’occupazione nazista: qualcuno morì in Germania, qualcuno in difesa della Zona Libera del Friuli Orientale, qualcuno con la Garibaldi Natisone in Jugoslavia, qualcuno nei GAP in pianura nelle azioni per sostenere la lotta in montagna, qualcuno fu fucilato e qualcuno fu vittima dei bombardamenti. A tutti loro va il nostro ringraziamento infinito e la promessa che non dimenticheremo mai che a stare dalla parte giustaerano loro, e non i fascisti i cui eredi pretenderebbero di stare in piazza il 25 aprile. I nomi di questi uomini coraggiosi sono Nello Bigotti, Italo Bortolotti, Silvano Castiglione, Mario Cesca, Vittorio Coss, Ferdinando Fabbro, Bertillo Ferreri, Giuseppe Ferreri, Luciano Gobitta, Giovanni Lodolo, Rinaldo Mega, Pietro Mitri, Edgardo Pasinato, Giobatta Periz, Alessandro Quoco, Galliano Tomada, Giuseppe Tonizzo, Tiziano Torossi, Galliano Vida, Aldo Zamparo, Mario Zanuttini, Angelo Zilli. 

Quest’anno aggiungo il nome di un altro giovane uomo, che ricorderemo sempre: Giulio Regeni. Pretendiamo e continuiamo a pretendere verità sulla sua morte in Egitto avvenuta più di un anno fa. Non lo facciamo per amor patrio, ma perché quello che gli è successo è inumano. E anche perché investe questioni come i diritti sul lavoro, che era il tema di cui si occupava, la libertà della ricerca universitaria, l’importanza dell’informazione libera,le sparizioni dei dissidenti, la tortura. Non era un ragazzo qualsiasi, era un uomo consapevole e impegnato a costruire un mondo diverso e migliore. Anche lui sapeva quale fosse la parte giusta.

Viva la Resistenza, sempre!

Udine, 24 aprile 2017

Caterina Vignaduzzo

Pres. Sez. ANPI “Premoli” di Palazzolo, Precenicco, Muzzana e Pocenia