Aprile, il mese della Resistenza_secondo racconto


Aprile è il mese della Resistenza.
Seconda tappa del nostro “calendario civile”.
La precedente comunicazione ricordava la Resistenza in Friuli attraverso un evento di morte: i 29 partigiani uccisi nelle Carceri di Udine il 9 aprile 1945.
La Resistenza non fu solo storia di lotte, di sconfitte e di morte, fu anche storia di lotte, di vittorie e di vita.

Nel momento storico presente, “ai tempi del coronavirus”come ce li ricorderemo, proprio in questi giorni ci vengono dal “fronte” le prime caute notizie che ci autorizzano ad avere un embrione di speranza.
Per questo dedichiamo queste righe a chi, oggi, si “ prende cura” degli altri ricordando chi, durante la Resistenza,  si “prese cura”degli altri.
Noi vogliamo ringraziare davvero  tutto il personale sanitario che continua ad impegnarsi al “fronte”, ma vogliamo rendere uno speciale omaggio a coloro che sono morti in questa “guerra” al coronavirus. Sono “caduti sul campo” anche loro, insieme con i loro pazienti che non ce l’hanno fatta. Siamo sicuri che, tutti, hanno lottato per la vita, come i partigiani lottarono per la vita e per la libertà.
Molto numerosi furono i medici vicini al Movimento di Liberazione che si dedicarono alla cura dei partigiani feriti. Per i feriti meno gravi si interveniva sul posto o in piccoli improvvisati ospedali da campo. Prezioso l’aiuto di “corrieri con materiale di medicazione, fasce, cotone, aspirine…Erano le donne, sempre le donne che portavano queste cose” dagli ospedali, come ci ricorda Fidalma Garosi “Gianna”.

Per i feriti più gravi venne a formarsi in tutto il Friuli una rete di medici condotti, medici ospedalieri, infermiere (il femminile è d’obbligo dato che, tra il personale infermieristico, le donne erano la maggioranza ), studenti di medicina. Potevano, come si è detto, intervenire sul posto, ricevere o trasportare materiale sanitario e medicinali, spesso abilmente sottratti alle farmacie ospedaliere, trasportare in luoghi più sicuri i feriti: “ Ero infermiera all’Ospedale partigiano di Ampezzo…sotto l’incalzare del rastrellamento tedesco (ottobre 1944) l’ospedale  si dovette chiudere e i feriti più gravi furono portati…” in salvo in pianura. Così racconta Elsa Fazzutti “Vera”.Con la complicità di primari amici si poteva arrivare anche al ricovero in ospedale.
Un nome per tutti: il professor Gino Pieri, primario dell’Ospedale di Udine, che ci ha lasciato, nel dopoguerra, un vivido e personale ricordo scritto di quelle vicende,  spesso rocambolesche e molto pericolose, sempre volte alla salvezza delle persone.
Tra i combattenti  e i caduti non possiamo non ricordare il dottor Aulo Magrini, la cui memoria resta ancora viva in tutta la Carnia e nell’intero Friuli.
Tra le tante donne, Cecilia Deganutti, crocerossina, uccisa alla Risiera di San Sabba a Trieste il 4 aprile 1945 e medaglia d’oro della Resistenza.
A noi cittadini responsabili viene chiesto ora di continuare la nostra “Resistenza” rimanendo in casa ed evitando il più possibile ogni contatto con gli altri. La nostra “Liberazione” sarà la possibilità di uscire recuperando uno “spazio pubblico” che è luogo di incontro  in cui cittadini e cittadine si riconoscono come parte di una Comunità.
Per approfondire i temi trattati si rimanda all’articolo curato dal prof. Flavio Fabbroni: https://bit.ly/3a1dCTI

Nelle foto:
Carnia , Zona Libera, 1944 : da sinistra “Andrea”, “Gianna”, “Sergio”, giovani partigiane. A destra “Paola”;
i ritratti di Aulo Magrini e Cecilia Deganutti